Il Rapporto Cer-Cupla 2014
Il 44% dei pensionati vive in condizioni di semi povertà. L’Italia non rispetta la Carta sociale europea.
Le condizioni di disagio sociale e impoverimento dei pensionati negli ultimi anni si stanno sempre più aggravando a causa della pressione fiscale e dell’insufficiente adeguamento delle pensioni al costo della vita. L’aumento delle addizionali locali e il mancato recupero del drenaggio fiscale hanno ridotto il potere di acquisto soprattutto per i 7,4 milioni di pensionati, il 44% del totale, che vivono in semipovertà con una pensione inferiore a 1.000 euro lordi mensili.
Questo in estrema sintesi il quadro che emerge dal rapporto sul potere di acquisto delle pensioni dal titolo “Politiche fiscali, indicizzazione e progressivo impoverimento delle pensioni” realizzato dal CUPLA in collaborazione con il CER – Centro Europa ricerche – presentato oggi al Teatro Quirino di Roma. L’impoverimento dei pensionati – si legge nel rapporto supportato da una approfondita analisi che tiene conto dei mutamenti delle regole di indicizzazione delle pensioni dalla riforma Dini (1995) ad oggi – non è solo un effetto del crescente peso del fisco. Il meccanismo di adeguamento annuale del valore delle pensioni all’inflazione non ha protetto né le pensioni di importo basso, né quelle di importo medio e alto.
L’area del disagio cresce innanzitutto tra i pensionati più poveri, per il solo effetto del prelievo fiscale, le pensioni più basse hanno subìto una perdita del potere d’acquisto del 4%. Inoltre, le pensioni più povere si collocano oggi oltre tre punti percentuali al di sotto della soglia di povertà assoluta. Un divario determinatosi interamente negli ultimi dieci anni. Le pensioni al di sopra dei 1.500 euro non godono più di un recupero pieno dell’inflazione. La perdita che ne consegue rispetto all’andamento dei prezzi al consumo è consistente, risultando compresa fra il 2 e il 7%. Il ridimensionamento del potere d’acquisto è stato particolarmente pronunciato nel 2010-2013, ossia nel pieno della crisi economica. In futuro, le misure introdotte con la legge finanziaria 2014 accentueranno ulteriormente la perdita di valore delle pensioni.
A fronte di tale situazione, dettagliatamente delineata nel rapporto, le soluzioni che il CUPLA propone al Governo a nome degli oltre cinque milioni di pensionati rappresentati, sono chiare e della massima urgenza.
In primo luogo la proposta CUPLA è di adeguare gradualmente i trattamenti minimi di pensione al 40% del reddito medio nazionale, cioè da 500 a 650 euro mensili come ci chiede, del resto, la carta sociale europea. Per difendere le pensioni, soprattutto quelle più basse, maggiore attenzione deve essere inoltre prestata al meccanismo di indicizzazione. L’aumento di costo dei servizi sanitari, delle case di cura, delle spese di accesso al servizio sanitario nazionale colpiscono i pensionati in misura maggiore che non il resto della popolazione. Queste voci dovrebbero trovare un maggiore riconoscimento nel sistema di adeguamento delle pensioni.
La riduzione del cuneo fiscale prevista per i soli lavoratori dipendenti con retribuzione mensile fino a 1.500 euro, che hanno recuperato 80 euro mensili, deve essere estesa anche ai pensionati a partire dalle fasce più basse di reddito. Il CUPLA ritiene che limitare l’intervento ai soli lavoratori dipendenti sia una misura ingiusta e non in linea con l’obiettivo dichiarato dall’Esecutivo di sostegno sociale e di rilancio dei consumi. Peraltro ciò allargherebbe la forbice già esistente tra lavoratori e pensionati sulla quota di reddito esentata da tassazione (no tax area). Ecco perché il CUPLA ritiene che per ristabilire un minimo di equità e giustizia sociale non sia più differibile l’ampliamento della no tax area ad almeno 13.000 euro (importo pari a due volte quello del trattamento minimo annuo delle pensioni Inps).
Infine il CUPLA chiede a Governo e Amministrazioni locali di prevedere detrazioni ai fini del pagamento della Tasi per gli anziani che abitano soli nella casa di proprietà ed abbiano redditi al di sotto del doppio del trattamento minimo (13.000 euro) se singoli o del triplo del trattamento minimo (19.500 euro) se in coppia, e di escludere dall’imposta gli anziani non autosufficienti o ricoverati in case di riposo.