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Le regioni del Sud spendono in media quattro volte di meno rispetto a quelle del Nord in servizi sanitari residenziali per anziani. E, più in generale, la distribuzione sul territorio nazionale delle RSA, le residenze sanitarie per anziani entrate nell’occhio del ciclone nei momenti peggiori della prima e seconda ondata Covid, sembra più legata alle risorse a disposizione delle Regioni e a fattori di mercato del lavoro femminile che ai reali bisogni degli anziani.

È il risultato a cui giunge uno studio condotto da due ricercatrici dell’Università La Sapienza di Roma e pubblicato sullo “European Journal of Health Economics”, predisposto proprio con lo scopo di comprendere la mortalità nelle prime fasi della pandemia. Lo studio ha confermato la presenza di una differenza notevole Nord e Sud nella spesa per le residenze per anziani: infatti, la spesa in RSA per ogni ultra-65enne residente delle regioni del Nord è doppia rispetto a quelle del Centro e quattro volte più alta rispetto a quelle del Sud.

La spesa, inoltre, è inversamente correlata al bisogno di salute degli anziani. Per esempio, è inferiore laddove è più alta la presenza di anziani con salute precaria. In Calabria, dove l’aspettativa di vita in salute a 65 anni è poco superiore ai tre anni, si ha una spesa per servizi sanitari residenziali pari a un terzo della media nazionale; specularmente, la provincia di Bolzano, che ha un’aspettativa di vita in buona salute tra le più alte d’Italia, spende 5 volte più della media.

Quello che invece sembra incidere sulla spesa sono variabili di tipo economico e di mercato del lavoro. A questo proposito è lampante il caso della disoccupazione femminile: la ricerca ha mostrato che la spesa per RSA è più bassa in quelle regioni in cui è minore la percentuale di donne occupate.

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Al Sud la spesa per RSA è un quarto rispetto al Nord
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