Viviamo in un’era di grandi cambiamenti per quello che riguarda i comportamenti e il modo di vivere la vita di tutti i giorni nell’ambito dei rapporti sociali, nei rapporti con enti economici e commerciali o con enti o istituzioni pubbliche, insomma in tutti i rapporti che intratteniamo nell’ambito della società in cui svolgiamo le nostre attività relazionali volte alla gestione della nostra esistenza.
Cambiamenti ci sono stati e avanzano in modo evolutivo nei rapporti con Banche e Pubblica Amministrazione, nel modo di fare la spesa, nell’acquisto di beni e prodotti, nei rapporti con i medici e con la sanità in generale, nella tutela della privacy, nel tutelare i risparmi, nello spendere il tempo libero, finanche nei rapporti familiari.
Su tutto domina in modo condizionante il “fattore internet” e la sua più avanzata applicazione rappresentata dalla “digitalizzazione” diffusa in tutti i settori e in tutti gli ambiti del nostro vivere quotidiano.
La società digitalizzata, in cui stiamo vivendo, è quella nella quale ogni istituzione o ente o impresa per svolgere le proprie funzioni e fornire le loro prestazioni o i loro servizi ricorrono a reti informatiche e computer, in tutti i rapporti con clienti, consumatori, fruitori di benefici. Per far questo è richiesto che anche i cittadini, attraverso opportune attrezzature e indispensabili conoscenze, siano in grado di interloquire con i soggetti con cui hanno bisogno di relazionarsi.
Il processo di digitalizzazione è iniziato già negli anni 60/70, quando realtà e problematiche sociali vennero trasferite nello spazio digitale, dapprima nelle università e nel militare, poi nelle grandi aziende e nelle amministrazioni (informatizzazione). Però il termine “società digitale” iniziò a imporsi solo dalla metà degli anni 1980, con la prima diffusione dei computer, e più a larga scala negli anni ’90, con lo sviluppo di reti digitali per la telecomunicazione, i telefoni portatili e poi gli smartphone, con la mercificazione dell’informazione e il commercio via internet.
Ai nostri giorni la comunicazione via social, il commercio via web, l’informazione online, la TV interattiva, la domotica, la medicina informatizzata e ogni altra diavoleria che utilizza Internet, compreso l’utilizzazione dell’intelligenza artificiale in modo complementare o addirittura sostitutiva alla nostra, sono entrati talmente nelle nostre abitudini che ci resterebbe difficile pensare di farne a meno.
Pensiamo al nostro cellulare, di cui non ci separiamo mai e che ormai utilizziamo solo marginalmente per fare conversazioni telefoniche. Basta vedere negli autobus, nelle sale di attesa, in famiglia, perfino nei ristoranti, nei bar, in occasioni in cui si è in compagnia e ci si dovrebbe relazionare con gli altri: tutti chini sul loro telefonino noncuranti del contesto esterno, compresi i nostri anziani.
Anziani digitali allora?
Gli anziani di oggi, che pressappoco avevano dai 35 ai 55 anni quando è iniziato il processo di informatizzazione, avevano sviluppato le proprie conoscenze di base, comprese quelle scolastiche, in un mondo in cui si scriveva con la penna, le notizie viaggiavano sulla carta o al massimo sulla TV tradizionale, i rapporti erano diretti tra persone, il telefono era quello con la tastiera rotante e faceva tu-tu. Essi hanno dovuto riadattare sé stessi ad un’autentica rivoluzione e rielaborare il tutto nel proprio cervello mettendo in discussione tutte le certezze ivi contenute. Basta pensare all’uso di quell’oggettino che è il telefonino, già considerato da alcuni come un oggetto misterioso quando serviva solo per parlare fuori casa, e poi, ancor più, lo smartphone con internet, che comportava la necessità di districarsi in applicazioni che avevano una logica del tutto innovativa ed estranea da ogni cultura da posseduta dai 40/50enni di allora.
Molti – forse la stragrande maggioranza – di questi uomini già allora maturi hanno accettato la sfida e hanno imparato le nuove tecnologie assumendone le logiche, spesso in modo autodidatta. D’altra parte, molti studi a carattere nazionale e internazionale dicono che un 75enne di oggi ha la forma fisica e intellettiva di un 55enne di 50 anni fa! E questo grazie all’invecchiamento attivo, allo sport e al movimento, alle letture che mantengono la mente efficiente, ai progressi della medicina, ad una vita culturale più ampia.
Ma l’avvento dell’era digitale per molti anziani, soprattutto quelli di età più avanzata e quelli meno propensi ai cambiamenti, ha rappresentato e rappresenta un serio problema. Alcuni non sono in grado di assimilare le nuove tecnologie, anche per via del livello culturale basso, altri sentono il mondo internet come un qualcosa del tutto estraneo, altri ancora oppongono un rifiuto di principio e chiudono la loro mente.
D’altra parte, i cambiamenti e l’evoluzione della tecnica legata ad internet, che trovano applicazione nella vita di tutti i giorni, sono così veloci e richiedono tali aggiornamenti che è effettivamente difficile per un anziano fuori dal mondo del lavoro, e spesso con stretta cerchia di amici e conoscenti, stare appresso a tutto. Cosa che può essere fonte di stress e ansia e può portare a svalutazione dell’esterno e autosvalutazione.
Questo è un grande problema, perché le relazioni dei cittadini con le Pubbliche Amministrazioni, con le assicurazioni, con le banche, con i fornitori di servizi, con i gestori delle utenze, passano adesso – spesso in modo esclusivo – attraverso Internet e procedure automatizzate. Chi non sa usare Internet e le tecniche digitali è tagliato fuori, è escluso. E immaginiamo in che misura molti anziani sono penalizzati se non possono relazionarsi con l’INPS e con il Servizio Sanitario Nazionale. Addirittura potrebbero – e già avviene in qualche caso – essere esclusi da alcuni diritti sociali.
Alcuni dati sulle conoscenze digitali tra gli anziani
Le più recenti statistiche a livello europeo e nel nostro Paese mostrano che gli anziani, nella stragrande maggioranza, sono in grado di usare normalmente il cellulare, soprattutto per comunicare con i figli e una stretta cerchia di parenti ed amici. Se però andiamo ad indagare il loro grado di conoscenza dello strumento internet, con tutti i servizi connessi, con le applicazioni nei servizi, con la necessità di far fronte agli aggiornamenti che sono necessari per la loro gestione, ci accorgiamo che gli anziani incontrano notevoli difficoltà, in modo particolare quelli più avanti con l’età.
In effetti, c’è in linea generale una notevole differenza tra coloro che hanno dovuto mettersi nelle nuove tecnologie ad un’età di 35/40 anni e coloro che, invece, si sono trovati ad affrontare la trasformazione digitale a 55/60 anni.
L’Unione Europea, la quale ha deliberato che tra i diritti fondamentali degli anziani c’è quello di poter accedere, alla pari con altri cittadini, ai pubblici servizi anche in era di digitalizzazione, ha svolto delle indagini in tutti i Paesi dell’Unione sulle persone della fascia di età 64/74 anni, da cui risulta che solo un anziano su quattro ha conoscenze digitali tali da poter gestire le nuove tecnologie in autonomia. E in questo l’Italia è agli ultimi posti nella U.E. Non esistono statistiche a livello europeo sugli anziani over 74.
Le indagini fatte in Italia dall’ISTAT e da privati (ad esempio Intesa San Paolo) ci dicono che solo una famiglia italiana su due ha Internet a casa. Per quanto riguarda, invece, la pratica delle tecnologie digitali, vuoi col cellulare, vuoi col computer o col tablet, tra gli anziani di età tra i 65 e i 74 anni la percentuale che utilizza Internet è del 60 per cento, mentre tra chi ha 70 anni e più tale percentuale scende al 25 per cento, confermando così la spaccatura che evidenziavamo prima tra persone relativamente giovani all’inizio dell’era digitale e persone più in là con l’età.
Le pratiche digitali nel welfare e nell’assistenza agli anziani
La transizione digitale offre numerose opportunità in diversi settori, in particolare nell’istruzione, nell’accessibilità, nell’occupazione, ma anche nella medicina, nel welfare e nell’assistenza agli anziani. Gli strumenti digitali potrebbero addirittura migliorare l’accessibilità ai servizi per le persone con disabilità e per gli anziani, potenziando la loro capacità di partecipare pienamente alla società.
Di questo è convinta anche la Commissione Europea, che, con l’obiettivo di ripensare i nostri sistemi sanitari e assistenziali per affrontare le numerose sfide future, ha avanzato proposte sulla trasformazione digitale della salute. Secondo la C.E., la digitalizzazione nell’ambito sanitario avrà un impatto positivo significativo sulla capacità di tutti di vivere in buona salute, a condizione che si agisca in tre ambiti: accesso sicuro dei cittadini ai dati sanitari e condivisione tra tutti i Paesi dell’Unione; utilizzazione delle procedure informatizzate per promuovere la ricerca, la prevenzione delle malattie, nonché la salute e l’assistenza personalizzate; messa a frutto degli strumenti digitali per rispondere ai bisogni dei cittadini e per l’assistenza in maniera centrata sulla persona.
La salute è un settore in cui si possono ottenere grandi miglioramenti grazie alle nuove tecnologie, ma è opportuno ricordare che l’accesso universale all’assistenza sanitaria significa che a tutti deve essere garantito pari accesso ai benefici e tutti debbono essere in grado di usufruire dei miglioramenti, indipendentemente dalle loro abilità nell’informatica, nell’ambito di una trasformazione digitale della salute più ampia e meglio coordinata in tutta l’UE. Questa rimane una delle principali sfide della digitalizzazione, ma è il primo requisito da soddisfare se vogliamo evitare un ulteriore aumento delle disuguaglianze sanitarie in Europa.
Cosa fare per non lasciare nessuno indietro
I temi dell’ageismo digitale, che si riferisce ai pregiudizi e alle discriminazioni di cui sono vittime le persone anziane in relazione all’uso e all’accesso alle tecnologie digitali, e del digital divide sono di tale importanza che l’ANAP li ha messi al centro della propria attività di carattere sindacale. Così come AGE Platform, il network a livello europeo a cui ANAP aderisce, è intervenuta più volte nei confronti dell’Unione e del Parlamento europeo per rappresentare i problemi su descritti e per chiedere di adottare direttive per sollecitare i Paesi membri ad intraprendere percorsi razionali, concreti ed inclusivi di tutte le fasce della popolazione.
I contenuti delle proposte che noi avanziamo alla politica affinché vengano adottate misure per non lasciare nessuno indietro nel mondo lanciato verso la trasformazione digitale possono essere raccolti nei seguenti punti.
- Tenere conto del fatto che la popolazione è un insieme eterogeneo e variegato, con differenze notevoli tra i giovani, che sono già cresciuti nelle nuove tecnologie, e gli anziani, che invece si sono dovuti adattare. E’ di fondamentale importanza condurre un’analisi accurata dei bisogni al fine di implementare strategie efficaci e progettare e adattare i servizi in modo da rispondere adeguatamente ai bisogni distintivi di ognuno.
- Contrastare l’ageismo digitale, che si fonda su stereotipi negativi che ritraggono gli anziani come individui meno capaci o meno interessati alla tecnologia e sull’idea che la tecnologia sia un dominio esclusivo dei giovani. E ciò anche in considerazione che, come dimostrano molti studi, le differenze intellettive, comportamentali e di abilità tra le diverse età si sono molto attenuate ai nostri giorni.
- Cercare di utilizzare le moderne tecnologie al servizio degli anziani nell’ambito della medicina e dell’assistenza. Tuttavia, sebbene tali strumenti possano apparire come una soluzione efficace e rappresentare una prospettiva promettente per il futuro, è fondamentale interrogarsi sulla loro capacità di soddisfare realmente i bisogni delle persone anziane, se è possibile sostituire il valore intrinseco delle persone con una macchina, se un’entità artificiale può fornire il contatto umano e la vicinanza emotiva necessari per il benessere di queste persone.
- Per rendere efficace e inclusiva la transizione digitale, è fondamentale fornire opportunità formative anche alle persone anziane, affinché possano utilizzare in modo efficace determinati strumenti. L’alfabetizzazione digitale non si deve limitare semplicemente a garantire l’accesso a Internet, ma deve comprendere anche l’acquisizione e il consolidamento delle competenze necessarie per navigare in modo sicuro e consapevole nello spazio digitale, permettendo così un esercizio pieno e attivo della cittadinanza digitale.
- L’alfabetizzazione digitale deve tenere conto delle diverse esperienze, competenze e necessità degli anziani, che variano ampiamente all’interno di questo gruppo demografico.
- Tenere conto del fatto che, anche attivando tutti i programmi di formazione e di alfabetizzazione, ci sarà sempre una parte della popolazione, rappresentata prevalentemente da ultra-anziani, che non sarà mai in grado di utilizzare le nuove tecnologie e che si presta, quindi, a subire un processo di marginalizzazione e di esclusione assai penalizzante. Per essi deve essere previsto un supporto o la possibilità di procedure agevolate dove il contatto umano rappresenti un valore imprescindibile per quegli individui.

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