A fine gennaio la Conferenza Stato-Regioni ha approvato il “Piano pandemico strategico – operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu 2021 – 2023)”.
Un documento corposo che va a sostituire il vecchio Piano pandemico fermo al 2006 che aveva suscitato negli ultimi tempi molte polemiche in merito proprio al suo mancato aggiornamento.
Nel Piano ovviamente si tiene conto delle lezioni della pandemia da Covid, come sottolineato da Speranza: “Facciamo tesoro anche delle esperienze acquisite in questo durissimo anno di crisi sanitaria globale – ha detto il Ministro – e mettiamo a sistema la capacità di reazione dell’Italia e del nostro Servizio Sanitario Nazionale”.
Il Piano si articola in quattro fasi:
allerta pandemica; inter-pandemica; transizione epidemica; pandemica. Per ognuna di queste fasi vengono definite le procedure e le iniziative da assumere.
Due sono le parole chiave del Documento: “preparedness” e “readiness”, ovvero preparazione e prontezza. La “preparedness nelle emergenze infettive di sanità pubblica” – si legge nel testo – “comprende tutte le attività volte a minimizzare i rischi posti dalle malattie infettive e a mitigare il loro impatto durante una emergenza di sanità pubblica, a prescindere dalla entità dell’evento (locale, regionale, nazionale, internazionale)”.
Mentre la “readiness” è “la capacità di rispondere in modo tempestivo ed efficace alle emergenze mettendo in pratica le azioni realizzate nella preparedness”.
L’obiettivo generale è rafforzare la preparedness nella risposta a una futura pandemia influenzale a livello nazionale e locale, in modo da proteggere la popolazione, tutelare la salute degli operatori sanitari e del personale coinvolto nell’emergenza. E ancora, ridurre l’impatto dell’epidemia sui servizi sanitari e sociali, assicurare il mantenimento dei servizi essenziali e preservare il funzionamento della società e le attività economiche.
Il Piano sottolinea l’importanza dei Servizi assistenziali territoriali “con la presenza di sedi all’interno delle quali si sviluppi l’operatività delle forme aggregative della medicina generale, pediatria di libera scelta e specialistica convenzionata interna, garantendo la realizzabilità dei corretti percorsi rispetto alla prevenzione della diffusione di virus pandemici. Tali sedi dovrebbero garantire che le diverse componenti dell’assistenza territoriale possano in fase pandemica operare in forma coordinata, sinergica ed efficace.
A tal proposito assume rilievo strategico la definizione delle sedi, per ogni territorio, che siano in grado di garantire la integrazione fra assistenza primaria, Unità Speciali di continuità assistenziale, professionalità infermieristiche. Sarà inoltre necessario verificare l’idoneità degli spazi all’interno dei quali operano i MMG ed i PLS in modo da mappare le carenze e garantire che i cittadini afferenti ai singoli bacini d’utenza trovino sempre una sede idonea di assistenza a livello territoriale.
Ulteriori aspetti da verificare riguardano la presenza di sistemi diagnostici, di telemedicina ed informatici in grado di supportare l’assistenza ed il monitoraggio a domicilio di coloro che vengono colpiti dalla pandemia, ma non presentano quadri che necessitino il ricorso alle cure ospedaliere. In particolare, per rispondere a tali esigenze si ritiene indispensabile un governo dell’assistenza e del monitoraggio a domicilio che, a partire dalla definizione di protocolli di approccio relativi alle diverse situazioni, preveda una registrazione ed un monitoraggio dei percorsi messi in atto”.
Per quanto concerne i vaccini e il loro ruolo, il Piano specifica che “i vaccini sono le misure preventive più efficaci, con un rapporto rischi/benefici particolarmente positivo, e hanno un valore non solo sanitario, ma anche etico intrinseco di particolare rilevanza”. Per questo motivo “la loro distribuzione deve rispondere a criteri trasparenti, motivati e ragionevoli, e deve rispettare i principi etici e costituzionali di uguaglianza ed equità, bilanciando i rischi diretti e indiretti con specifica attenzione a evitare un impatto negativo per chi è più vulnerabile sul piano bio-psico-sociale”.
Il Piano ha una durata triennale ma si prevede un aggiornamento periodico dei contenuti su richiesta delle regioni e delle province autonome.
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