Nel 2023 oltre 427.000 persone si sono trovate in condizioni di povertà sanitaria e hanno dovuto chiedere aiuto ad una delle 1.892 realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure. È quanto emerge dall’11mo Rapporto “Donare per curare – Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci”, presentato da Banco Farmaceutico e Aifa.
Il dato di cui sopra è significativo, perché, facendo registrare un aumento del 10,6% rispetto al 2022, denota che gli italiani fanno sempre più fatica a potersi permettere le cure mediche, anche le più basilari. Tuttavia, il dato non evidenzia interamente il disagio di tante persone povere che non solo non hanno sufficienti mezzi per tutelare la propria salute e quella dei propri cari, ma non sono neanche informate ed attrezzate per ricorrere ad aiuti esterni, quali il Banco Farmaceutico, col risultato che non si curano, non assumono i farmaci e non fanno le terapie necessarie, ed inesorabilmente vedono peggiorare le proprie patologie. Tali persone spesso non hanno neppure il medico di base, non conoscono i propri diritti in materia di salute, o non hanno una rete di relazioni e di amicizie che li aiuti a districarsi tra l’offerta dei servizi sanitari.
A compromettere lo stato di salute di chi è economicamente vulnerabile, contribuisce la rinuncia a effettuare visite specialistiche, che è cinque volte superiore al resto della popolazione.
Dallo studio emerge anche quanto la spesa farmaceutica delle famiglie sia aumentata e, di contro, come la quota a carico del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) sia invece diminuita. Nel 2022 (ultimi dati disponibili), la spesa farmaceutica totale è stata pari a 22,46 miliardi di euro, 2,3 miliardi in più (+6,5%) rispetto al 2021. Ma solo 12,5 miliardi di euro (il 55,9%) sono a carico del Ssn, per cui restano 9,9 miliardi (il 44,1%) a carico dalle famiglie, le quali, rispetto all’anno precedente, hanno pagato di tasca propria 704 milioni di euro in più (+7,6%).
In sei anni (2017-2022), la spesa farmaceutica a carico delle famiglie è cresciuta di 1,84 miliardi di euro (+22,8%). A sostenere l’aumento sono tutte le famiglie, anche quelle povere, che devono pagare interamente il costo dei farmaci da banco, a cui si aggiunge (salvo esenzioni) il costo dei ticket.
Alla povertà economica si collega, di conseguenza, anche la povertà di salute, in un circolo vizioso che non conosce soluzione di continuità: la percentuale di chi è in cattive o pessime condizioni di salute è più alta tra chi si trova in condizioni economiche precarie rispetto al resto della popolazione (6,2% rispetto al 4,3% nel 2021).
La qualità della vita legata a gravi problemi di salute, inoltre, è peggiore per chi ha meno risorse rispetto a chi ha un reddito medio-alto (25,2% rispetto al 21,7%). Insomma, le risorse economiche non preservano, di per sé, da gravi patologie (specie all’aumentare dell’età), ma consentono di fronteggiarne meglio le conseguenze.
Uscendo fuori dal Rapporto del banco farmaceutico, un altro dato assai eloquente su come gli italiani (quelli che possono) debbono sempre più ricorrere alle proprie tasche per preservare la propria salute, in una deriva che vede la sanità pubblica ridursi sempre più e la sanità privata allargarsi, è quello che emerge da alcune rilevazioni dell’OCSE, secondo le quali circa il 22% della spesa sanitaria è sostenuta direttamente dai cittadini, mentre, avendo riguardo agli anziani over 65 non autosufficienti, la spesa pubblica per l’Assistenza di lunga durata nei loro confronti (Long Term Care) in Italia rappresenta appena lo 0,9% del Prodotto Interno Lordo, una quota tra le più basse tra i Paesi dell’UE.
Conclusione: non tutti soffrono ugualmente della tendenza verso la privatizzazione della Sanità italiana. I cittadini agiati, pur ammalandosi ovviamente anche loro, possono pagarsi assicurazioni private che annullano i tempi di attesa per visite, analisi ed interventi e, al limite, possono accedere, pagando di propria tasca, alle strutture sanitarie, ricevendo cure mediche pronte e di qualità per le proprie patologie; i cittadini di classe media riescono a curarsi, ma con tempi di attesa non sempre brevi e spesso con sacrifici dal punto di vista economico; le classi più povere dei cittadini debbono fare affidamento obbligatoriamente al Servizio sanitario nazionale con le sue lungaggini e talvolta debbono rinunciare a curarsi e avere assistenza, per le ragioni che abbiamo esposto sopra.