Sarà perché gli italiani sono molto attaccati alla propria casa, sarà perché nell’ambito familiare ci si sente più protetti, sarà perché i servizi residenziali sono molto carenti e le RSA non sono proprio il massimo dell’accoglienza, sarà tutto questo, ma in Italia, nel caso in cui un familiare diventa non autosufficiente, la scelta assistenziale delle famiglie va decisamente in direzione dell’assunzione di una badante.
È quanto emerge dal Report “Le famiglie, il lavoro domestico, i caregiver, le RSA”, il quarto elaborato nell’ambito del progetto “Welfare familiare e valore sociale del lavoro domestico in Italia” realizzato dal CENSIS per Assindatcolf, l’Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico.
Dal Report emerge che solo il 41,5% delle famiglie prende in considerazione la scelta di una RSA: di queste, il 21,3% si rivolge a una struttura convenzionata, il 14,2% a una privata, il restante 6,0% a una pubblica. Le donne mostrano l’orientamento più marcato ad evitare una RSA (il 60,1% rispetto al 56,1% degli uomini). Anche gli stessi anziani, quando sono in grado di assumere decisioni, sono scettici sul ricorso a una RSA: dal 50,8% di chi ha un’età inferiore ai 55 anni si passa al 52,9% di chi ha un’età compresa tra 55 e 64 anni, per salire al 69,5% degli over 64.
Dalle interviste che sono state effettuate per la ricerca si evince che lo scetticismo delle famiglie riguardo al modello organizzativo delle RSA, per come si configura oggi, si fonda soprattutto sui dubbi relativi alla qualità delle relazioni che si potrebbero mantenere all’interno delle strutture di assistenza.
Chi esclude il ricorso a una RSA è consapevole della difficoltà che possano essere rivolte alla persona anziana non autosufficiente, all’esterno della propria casa, quelle attenzioni che invece avrebbe tra i propri cari (59,0%) e c’è inoltre la convinzione che il distacco dalla propria abitazione produrrebbe effetti negativi sul familiare da assistere (20,9%).
Al contrario, chi sceglie una RSA lo fa perché è convinto della maggiore professionalità del personale impiegato nelle strutture di assistenza (63,3%). Minore rilevanza assumono altri aspetti, come l’importo della retta da pagare, che rimanda a una valutazione della sostenibilità della spesa (9,1%), e la vicinanza della struttura (9,0%), che garantirebbe la possibilità di visitare più frequentemente il familiare affidato alla RSA.
Nel report viene anche messo in evidenza come ci sia un problema di aiuti alle famiglie che assistono i propri familiari, spesso con grandi sacrifici personali e lavorativi di un proprio componente (il cosiddetto caregiver familiare, quasi sempre donna). Infatti, il 53,4% delle famiglie considera prioritario alleviare la fatica e l’onere che grava sui caregiver attraverso l’intervento di personale esterno.
Tra le soluzioni da adottare viene indicato il riconoscimento di forme di reddito che possano almeno in parte ricompensare il ruolo sostitutivo svolto a causa della mancanza di strumenti di welfare pubblico adeguati per l’assistenza di persone anziane o non autosufficienti (25,5%). A seguire, si auspica la possibilità per il caregiver di lavorare da casa (9,0%), mentre per il 6,7% servirebbe l’assicurazione contro gli infortuni domestici e la possibilità di poter accedere a una pensione sulla base di contributi figurativi. Infine, per il 5,4% sarebbero utili percorsi formativi per qualificare l’assistenza offerta al familiare.
Dal report si ricava la rappresentazione di un sistema di welfare molto lacunoso, per cui assume la massima importanza che il Governo recepisca al più presto le proposte avanzate nel “Patto per un nuovo welfare” – di cui l’Anap fa parte -, presenti in Parlamento il disegno di Legge Delega per la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti e si arrivi quanto prima a dare alle famiglie quel sostegno che troviamo nella maggior parte dei paesi europei. Si spera che le cosiddette badanti, oramai divenute un pilastro del nostro welfare, trovino un giusto riconoscimento nel nuovo Sistema Nazionale Assistenza Anziani (Sna) attraverso incentivi economici alle famiglie per un lavoro regolare e stabile, un percorso di professionalizzazione degli addetti, l’istituzione di un assegno universale per la non autosufficienza che razionalizzi i sussidi esistenti.
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