Aumenta il numero degli occupati, mentre decresce rispetto al 2015 il numero di pensionati, che si riduce di quasi 115.000 unità: il rapporto attivi/pensionati tocca quindi nel 2016 quota 1,417, dato migliore dal 1997 (primo anno utile al confronto). E’ un dato fondamentale per la tenuta di un sistema pensionistico a ripartizione come quello italiano ed è uno dei dati forniti dal Quinto Rapporto “Il Bilancio Previdenziale italiano”, a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.
Il Rapporto fornisce una visione d’insieme del complesso sistema di welfare italiano, illustrando gli andamenti della spesa pensionistica, delle entrate contributive e dei saldi nelle differenti gestioni pubbliche e privatizzate che compongono il sistema pensionistico del Paese e opera al contempo un’utile riclassificazione della spesa all’interno del più ampio bilancio dello Stato. Complessivamente i dati contenuti nel Rapporto evidenziano come l’andamento della spesa per le pensioni sia assolutamente sotto controllo.
E’ interessante anche notare che il rapporto tra numero di prestazioni in pagamento e popolazione tocca quota 2,638, di fatto una prestazione per famiglia (spesso di tipo assistenziale). Nel 2016, risultano in pagamento in Italia 4,1 milioni di prestazioni di natura interamente assistenziale (invalidità civile, accompagnamento, di guerra) e ulteriori 5,3 milioni di pensioni che beneficiano, in una o più quote, di parti assistenziali (maggiorazioni sociali, integrazioni al minimo, importi aggiuntivi etc). L’insieme di queste prestazioni ha riguardato 4.104.413 soggetti, per un costo totale annuo di oltre 21 miliardi di euro. Secondo Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali è necessario separare la spesa previdenziale da quella assistenziale al fine di fare chiarezza su spese molto diverse tra loro per finalità e modalità di finanziamento. Ciò anche al fine di evitare che si dica che la previdenza pubblica (pensioni previdenziali artigiani, commercianti, lavoratori dipendenti, etc.) è in deficit. Non bisogna infatti dimenticare che il nostro modello di welfare prevede per finanziare le pensioni previdenziali una tassa di scopo, i contributi sociali, mentre l’assistenza è finanziata dalla fiscalità generale.
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