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Da oltre un anno il nostro Servizio Sanitario Nazionale è impegnato fino allo stremo ad affrontare le nuove e difficili problematiche della pandemia da COVID-19 riorganizzando strutture, rivedendo procedure, impiegando diversamente le risorse, utilizzando personale vecchio e nuovo per cercare di arginare il dilagare della malattia e per dare assistenza alla massa di persone colpite dal virus.

Ciò ha fatto sì che sia stata dedicata meno attenzione ad altre malattie che pure incidono molto sulla salute e sulla mortalità delle persone. Interi reparti degli ospedali, e relativo personale, sono stati dedicati alla cura dei malati da COVID, riducendo i letti dedicati ad altre malattie e addirittura sospendendo gli interventi chirurgici ritenuti non urgenti, ma soprattutto a farne le spese è stata la prevenzione, che ha contribuito notevolmente ad allungare la durata media della vita.

L’esempio più eclatante di ciò che è avvenuto è dato dalle cosiddette malattie non trasmissibili, vale a dire quelle che includono, tra le altre, le malattie cardiovascolari, il diabete, il cancro e le malattie respiratorie croniche.

I dati sugli andamenti epidemiologici hanno evidenziato quanto sia pericoloso per la salute pubblica trascurare queste malattie non trasmissibili nel contesto pandemico e hanno messo in evidenza l’urgente necessità di adottare nuove misure per prevenirle (ad esempio, investendo maggiori fondi, sviluppando politiche di salute pubblica più efficaci).

Le malattie non trasmissibili sono, infatti, la principale fonte di morte prematura e disabilità nel mondo. Ogni anno uccidono 15 milioni di persone tra i 30 e i 69 anni, con oltre l’85% di queste morti nei paesi a basso e medio reddito, dove il COVID-19 sta avendo un impatto maggiore sui servizi sanitari. Si stima che quasi un quarto della popolazione mondiale abbia una condizione di salute di base che aumenta la sua vulnerabilità al COVID-19.

In molte comunità svantaggiate, il COVID-19 e le malattie non trasmissibili agiscono insieme come una pandemia sinergica che peraltro interagisce con le disuguaglianze sociali ed economiche e le aumenta. Le persone che vivono con malattie non trasmissibili sono più vulnerabili al COVID-19. Uno studio condotto in Italia sulle cause di morte da COVID-19 ha rilevato che il 98,8% dei pazienti deceduti viveva con almeno una comorbidità, mentre il 48,6% aveva almeno tre comorbidità. L’ipertensione è stata identificata come la causa più comune tra i pazienti deceduti.

Nonostante questa chiara evidenza che dovrebbe spingere a proteggere le persone che sono più vulnerabili verso la contrazione dell’infezione da COVID-19, i servizi per la prevenzione ed il trattamento delle malattie non trasmissibili sono stati influenzati negativamente dalla pandemia, che ne ha limitato gli accessi.

L’OMS ha condotto due indagini per stimare l’impatto della pandemia sulla continuità di questi servizi.

Il primo studio, condotto tra il primo e il 25 maggio 2020, si è basato sulle risposte ricevute dai Ministeri della Sanità di 194 paesi ed ha mostrato che il 75% dei paesi che ha partecipato all’indagine ha interrotto i servizi di prevenzione e trattamento di malattie non trasmissibili. Le ragioni più comuni per l’interruzione e la riduzione di tali servizi sono state le cancellazioni di trattamenti pianificati, la minore disponibilità di trasporti pubblici e la mancanza di personale sanitario, impegnato a trattare pazienti positivi al COVID-19.

Il secondo studio, condotto tra il 15 maggio 2020 e il 29 luglio 2020, ha dimostrato che, in 105 paesi, i servizi di diagnosi e trattamento delle malattie non trasmissibili sono stati tra i cinque servizi più frequentemente interrotti.

E’ evidente, allora, che diventa necessario mantenere attiva la catena di trattamenti e di atti prevenzionali sulle persone che vivono con malattie non trasmissibili, sia per rafforzare le loro difese immunitarie contro i rischi di contagio e le complicazioni da COVID-19, sia per evitare un aumento dei soggetti in grado di trasmettere il virus. Per questo, ad aprile 2020 sono state pubblicate delle linee guida dirette non solo a coloro che vivono con comorbidità, ma anche ai loro familiari, ai caregiver e agli operatori sanitari. In queste linee guida, sono incluse raccomandazioni comportamentali e consigli su uno stile di vita sano da adottare.

In sostanza, il COVID-19 ha reso evidente la necessità di migliorare e rafforzare i servizi di prevenzione e controllo delle malattie non trasmissibili, che già prima della pandemia non ricevevano risorse adeguate. In questo senso, il COVID-19 potrebbe rappresentare un’opportunità: è stato stimato che il 17% dei paesi che ha preso parte allo studio OMS condotto tra il primo e il 25 maggio ha iniziato a stanziare ulteriori fondi per rafforzare ed assicurare la fornitura di servizi di prevenzione e trattamento di malattie non trasmissibili nel loro piano di ripresa nazionale.

Dato che il numero delle persone che vivono con malattie non trasmissibili è destinato ad aumentare entro il 2025, questa occasione di ripartenza rappresenta un’opportunità unica per migliorare i servizi di diagnosi e trattamento disponibili nei vari paesi. Investire in questa tipologia di servizi sarà essenziale per migliorare la salute della popolazione e mitigare l’impatto di qualsiasi futura emergenza sanitaria.

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COVID-19 e malattie non trasmissibili
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