Aumenta il numero delle lavoratrici che optano per la pensione contributiva in cambio di un anticipo di alcuni anni sull’età pensionabile. Una facoltà che, salvo proroghe, è destinata a chiudersi il prossimo 31 Dicembre 2015. Secondo i dati forniti dall’Inps, nel 2014 le domande finora presentate sono state ben 7.332. Dalle 56 pensioni liquidate nel 2009 si è passati a 518 nel 2010, a 1.377 nel 2011 e a 5.646 nel 2012. L’anno scorso ne sono state liquidate 8.846.
L’opzione contributiva (legge 243/2004, articolo 1, comma 9) consente alle donne con 35 anni di contributi versati di andare in pensione anticipata a 57 anni e tre mesi di età se dipendenti e a 58 anni se autonome, rinunciando alla parte retributiva dell’assegno previdenziale (decurtazione media del 25-30%). Dopo i drammatici effetti della Riforma Monti-Fornero, le lavoratrici stanno scegliendo in massa questa possibilità, pur di non avere sorprese nel futuro: chi sceglie di aspettare la pensione di vecchiaia rischia, infatti, di lavorare diversi anni in più e magari vedersi cambiare per l’ennesima volta le regole retroattivamente, proprio in un periodo in cui la crisi alimenta l’incertezza economica e lavorativa.
Attenzione, però: questo diritto è previsto solo in teoria fino al 31 dicembre 2015. Per le autonome il termine è già scaduto il 31 maggio, mentre per le dipendenti c’è tempo fino al 30 novembre 2014. Il motivo di ciò è contenuto nella Circolare INPS 35/2012, che fornisce un’interpretazione della norma nel senso che la data del 31 dicembre 2015 va intesa come scadenza per l’accesso alla pensione tenendo conto della finestra mobile. Quindi, contando 18 mesi di finestra più uno per le autonome il termine è comunque scaduto, mentre per le dipendenti private (12 mesi + 1) si arriva a novembre e per quelle pubbliche a fine dicembre.
In Parlamento esistono proposte per ammorbidire l’interpretazione INPS o prorogare la misura di qualche anno. C’è anche un’apertura in questo senso del Ministero del Lavoro, in base a quanto riferito dal sottosegretario Teresa Bellanova in commissione Lavoro alla Camera nel giugno scorso. Ma per ora le regole restano quelle sopra descritte. La norma del 2004 era stata introdotta in via sperimentale e di conseguenza si può ipotizzare che, prima di agire, si faranno tutti i calcoli del caso per capire quanto l’opzione pesa sui conti pubblici.
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