Il 27 febbraio scorso il Senato ha dato il via libera al Decreto Legge 28 gennaio 2019, n. 4, che ha istituito il Reddito di cittadinanza e Quota 100 per le pensioni, dopo l’approvazione di alcuni emendamenti che hanno introdotto alcune novità di rilievo che riguardano anche la pensione di cittadinanza. Il provvedimento è stato quindi trasmesso alla Camera dei Deputati per la conversione in legge definitiva.
Vediamo in breve quali sono i principali emendamenti sul Reddito/Pensione di cittadinanza, che in sostanza tendono da una parte a stabilire maggiori controlli per evitare abusi da parte dei futuri percettori del sussidio e dall’altra a tutelare quelle che sono le fondamenta del nuovo beneficio economico di contrasto alla povertà.
La stretta più evidente è proprio quella sui furbetti: nelle ultime settimane, infatti, si era verificato un boom delle richieste di cambi di residenza e di divorzio, e ciò al fine di abbassare il proprio ISEE e aumentare le possibilità di ottenere il Reddito/Pensione di cittadinanza. Da qui la previsione dell’esclusione dal godimento del sussidio per chi ha cambiato la propria residenza dopo il 1 settembre 2018. Saranno i vigili urbani a dover operare un attento controllo: coloro che rilasciano dichiarazioni mendaci saranno esclusi dal beneficio per 5 anni.
Per quanto riguarda invece i furbetti del divorzio, un emendamento stabilisce che “se la separazione o il divorzio sono avvenuti successivamente alla data del 1 settembre 2018, il cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale”.
Ci sono poi alcuni emendamenti che riguardano i disabili e il godimento del sussidio per chi si dimette dal lavoro. Infine, è stato approvato un emendamento che precisa che “i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea devono produrre apposita certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’Autorità consolare italiana”. Ciò non vale “nei confronti dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea aventi lo status di rifugiato politico; qualora convenzioni internazionali dispongano diversamente; nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea nei cui Paesi di appartenenza è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni”.
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