Drastico taglio dei trasferimenti statali al welfare locale nel 2011. Secondo i dati di un’indagine condotta da Cittalia-Anci “Ripensare allo sviluppo del welfare locale. Dal quadro attuale alle priorità di intervento future“, il Fondo nazionale per le politiche sociali è stato infatti tagliato del 50% rispetto al 2010 mentre la quota del Fondo destinata direttamente ai comuni è stata sostanzialmente azzerata. Lo studio evidenzia anche l’aumento del contributo con risorse proprie da parte dei Comuni al welfare locale come conseguenza dei considerevoli tagli ai finanziamenti statali per le politiche sociali.
Partendo da una panoramica sull’evoluzione della spesa sociale in Italia, la ricerca del centro studi dell’Anci sottolinea che i comuni risultano i principali finanziatori della spesa sociale, impegnati a garantire livelli quantitativi e qualitativi soddisfacenti di servizi e prestazioni sociali. Quasi il 70%, infatti, viene finanziato attraverso le risorse dei bilanci comunali, mentre i contributi statali coprono poco più del 16% della spesa locale: le regioni riescono invece a sostenere con risorse proprie appena il 15% delle spese destinate al welfare locale.
L’indagine ricorda che la spesa per l’assistenza sociale erogata a livello locale nel 2008 ammontava a 6 miliardi e 662 milioni di euro: rispetto al 2007 la spesa sociale dei Comuni era aumentata del 4,1%, in linea con la tendenza a un lieve, continuo incremento osservata dal 2003. Nell’arco dei sei anni considerati dall’indagine (2003-2008), si è rilevato un aumento complessivo del 28,2% (dai 5.198 milioni del 2003 ai 5.954 del 2006, ai 6.662 del 2008). Dall’analisi della spesa sociale gestita dai comuni nel 2008 emerge che la media pro-capite è di 111 euro, con una distribuzione territoriale squilibrata: si va da un minimo di 30 euro pro-capite in Calabria ad un massimo di 280 euro nella provincia autonoma di Trento. “Nonostante i vincoli imposti dal patto di stabilità, i Comuni hanno continuato ad indirizzare buona parte delle risorse al settore sociale, confermando la propria funzione di supporto in favore della categorie più deboli che ha acquisito una sempre maggiore importanza nel bilancio comunale”, si legge nell’indagine. Infatti, all’interno della spesa corrente delle amministrazioni comunali, quasi il 17% delle risorse nel 2009 è stata destinata al settore sociale.
Famiglia e minori, anziani e persone con disabilità sono i principali destinatari delle prestazioni di welfare locale: su queste tre fasce della popolazione di concentra oltre l’82% delle risorse impiegate dedicate principalmente a servizi socio-educativi per la prima infanzia (40,3%) seguiti da quelli per gli anziani (21,2%) e per le persone con disabilità (21,1%). E’ cambiata tra l’altro – evidenzia l’indagine – la tipologia stessa dei nuclei familiari: la tipologia familiare ad aver manifestato l’aumento maggiore in termini di diffusione è quella costituita da persone sole. L’incidenza delle famiglie monopersonali è passata dal 2001 al 2009 dal 12,3% al 16,2%. Una larga fetta di famiglie monopersonali è costituita da anziani , in maggioranza donne (più longeve).
L’impegno dei comuni si estende anche agli interventi di sostegno alla povertà e all’esclusione sociale, al disagio degli adulti e ai senza fissa dimora, voci che complessivamente pesano per il 7,7% sulla spesa sociale. Ridefinire il sistema di welfare. Lo studio individua anche l’importanza di una ridefinizione del sistema del welfare locale alla luce dell’attuale situazione socio-demografica italiana, che vede un aumento della popolazione anziana (+14,7% dal 2001 al 2011 della popolazione tra i 64 e gli 85 anni, +35,5% degli over 85) e di quella immigrata, il cui aumento dal 2003 al 2001 è pari al 195%, arrivando a rappresentare così il 7,5% del totale dei residenti. Calata invece l’incidenza sul totale della popolazione dei minori in età scolare (-0,3%) e degli adulti fino a 64 anni (-1,6%). Dunque viene confermato un progressivo invecchiamento della popolazione italiana. E, per ciò che concerne gli stranieri, “sa da un lato l’afflusso di popolazione straniera rappresenta senz’altro una nuova linfa(…), dall’altro lato la tendenziale stabilizzazione delle famiglie immigrate e il processo di integrazione e inclusione sociale che ne dovrebbe conseguire sollecitano la creazione di un’offerta maggiore e più qualificata di servizi e prestazioni”.
Più investimenti centrali sul tema, riallocazione delle risorse da parte dello Stato per le politiche sociali e migliore sinergia con le regioni per evitare una sovraesposizione economica dei comuni sul fronte sociale sono le priorità individuate dallo studio, che suggerisce un rafforzamento della programmazione regionale attraverso un accordo quadro Regioni-Comuni o individuando, a livello di ogni singola regione, sedi, strumenti e procedure di raccordo e concertazione, come indicato dall’articolo 8 della legge 328/2000.