All’apparenza sembrano dei normalissimi supermercati, ma con una differenza importante: per fare la spesa non si paga. Si tratta degli empori solidali, veri e proprio negozi che si fanno promotori di un’economia del recupero degli sprechi a vantaggio di chi ha bisogno. Grazie al contributo dei volontari, queste realtà crescono e prolificano: 2 mila volontari impegnati in 60 empori censiti su tutto il territorio nazionale: 9 al Sud, 23 al Centro, 27 al Nord, presenti in almeno 16 regioni. I beneficiari di queste iniziative si stimano in circa 60 mila. Gli empori solidali sono un insieme ampio e variegato di esperienze. Tratto in comune, la volontà di recupero degli sprechi alimentari per contrastare la povertà: piccoli supermercati che hanno fatto delle redistribuzione dei beni deperibili la propria marca specifica. Se si confrontano i costi di gestione di questi progetti con le loro capacità di generare e redistribuire ricchezza, si rileva un rendimento almeno 7 volte superiore all’investimento fatto. Si può dunque affermare che questi empori siano dei veri e propri motori per l’economia e un esempio concreto di alternativa in anni in cui la crisi economica pone domande rispetto ai nuovi modelli da mettere in campo per la produzione e la creazione di ricchezza.
Un legame a doppio filo con la crisi economica, visto che i primi empori attivi, quelli di Roma e Prato, gestiti dalle Caritas diocesane, sono nati proprio nel 2008. Intorno agli Empori si sono sviluppate numerose iniziative a sostegno delle persone e delle famiglie in difficoltà: fondamentali i centri di ascolto e i numerosi “sportelli” o opportunità che sono rivolte a coloro i quali si rivolgono a questi sussidiari servizi sociali: sportelli legali, sanitari, per il lavoro, per la formazione. Nonché veri e propri mercatini dell’usato e servizi di vario genere. Gli empori, insomma, promuovono anche uno scambio mutualistico di beni e servizi che anche se non direttamente monetizzabile è sufficiente a muovere l’economia e produrre ricchezza, soprattutto in un momento in cui molti servizi pubblici prima garantiti vengono privatizzati. E non meno importante, propongono uno scambio tra le persone, rompendo il velo di solitudine che spesso aggrava le situazioni di difficoltà economica per gli individui e le famiglie.
(Newsletter Associazione Oasi)
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