Dal Rapporto “Immigrati e sicurezza sociale: il caso italiano” di European Migration Network Italia, realizzato da Idos e presentato di recente a Roma, emerge un quadro a tinte chiare e scure dell’impatto dell’immigrazione sul nostro sistema di sicurezza sociale.
Immigrati e pensioni: Aumenta e continuerà ad aumentare la quota di stranieri che godono di una pensione, ma le percentuali continueranno a essere molto ridotte rispetto a quelle degli italiani. E sul totale della popolazione straniera residente, la quota di pensionati resterà sempre molto più ridotta rispetto alla percentuale di pensionati sul totale dei lavoratori italiani.
Alla base della scarsa incidenza degli stranieri tra i pensionati c’è la giovane età: nel 2012 gli over 65 erano appena lo 0,6% degli stranieri residenti. Ciononostante, non mancano motivi di preoccupazione, sia nell’ipotesi che i lavoratori non comunitari ritornino nei Paesi di origine sia che restino in Italia. La maggior parte dei lavoratori interessati ha infatti maturato una carriera assicurativa di pochi anni, che non consente di soddisfare il requisito contributivo (20 anni) per il normale pensionamento di vecchiaia.
In base alla nuova normativa che ha elevato l’età pensionabile e il requisito contributivo, i cittadini stranieri presenti in Italia, che nel 2010 hanno inciso per l’1,5% sugli ingressi in età pensionabile, porteranno la loro incidenza al 2,6% nel 2015, al 4,3% nel 2020 e al 6,0% nel 2025, anno in cui si stima che gli ingressi in età pensionabile saranno 43 mila tra gli stranieri e ben 747 mila tra gli italiani, per cui i pensionati immigrati passeranno da 1 ogni 46 (2010) a 1 ogni 19 (2025). Il differenziale pensionistico tra italiani e stranieri, dunque, si ridurrà ma resteranno significativi margini che andranno a beneficio della gestione pensionistica, tenuto conto che la popolazione straniera nel 2025, secondo le previsioni, inciderà per il 12,3% sul totale dei residenti (il doppio rispetto all’incidenza sugli immigrati pensionandi).
Ma che pensione sarà? Sicuramente bassa, come per la maggior parte degli italiani, ma ancora di più per gli immigrati perchè i contributi pagati da questi lavoratori sono calcolati su una retribuzione inferiore mediamente del 25% rispetto a quella degli italiani. Gli immigrati pensionati saranno destinati, salvo adeguate misure di contrasto, ad aumentare le schiere dei poveri e questo costituirà un problema molto serio, avverte il Rapporto.
I disoccupati: Gli stranieri, essendo stati nel complesso più duramente toccati dalla crisi, hanno un’incidenza più alta come fruitori delle indennità di disoccupazione e della cassa integrazione ordinaria. Inoltre, trattandosi di una presenza familiare (oltre 2 milioni di famiglie con un componente straniero), soggetta a maggiori difficoltà, è consistente anche la loro incidenza sulle prestazioni erogate a sostegno del nucleo familiare: secondo l’Istat, il 55,4% delle coppie straniere con figli ha un unico reddito e le coppie con figli in cui vi è almeno un disoccupato sono cresciute dal 13,% del 2008 al 21,3% del 2012.
La sanità: Quanto alle spese sanitarie, risulta che la loro incidenza per la popolazione straniera, inclusa anche la componente irregolare, si mantiene a livelli più bassi rispetto all’incidenza che i cittadini stranieri hanno sulla popolazione residente, anche perché si tratta di persone giovani e fondamentalmente sane, nonostante le precarie condizioni di insediamento. Anche la bassa incidenza degli immigrati sui titolari di pensione trova una giustificazione nella ridotta componente di stranieri che abbiano superato i 65 anni (nel 2012 erano in media lo 0,6%). Tuttavia le collaboratrici familiari immigrate, quelle con un’età media più elevata e quindi più prossima alla pensione, sono destinate ad aumentare.