I problemi del welfare attuale e le prospettive per il futuro sono stati affrontati durante il convegno “Imprenditrici, famiglie e terza età” organizzati da Confartigianato Donne Impresa e Anap Emilia Romagna il giugno scorso.
E’ stata posta particolare attenzione alla situazione dell’Emilia Romagna, una regione che si è sempre dimostrata molto sensibile a queste tematiche, ma dove nonostante tutto il lavoro fatto rimangono ancora problematiche aperte.
Ma quali sono e da dove derivano le difficoltà del welfare attuale? Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Confartigianato E-R e dall’Università Statale di Milano, principalmente dalle ultime crisi economiche e dall’innalzamento dell’aspettativa di vita, la quale ha allungato il periodo di quietanza delle pensioni e di conseguenza il peso di queste sull’economia (23.6% al 2016, ma destinata a salire al 31.7% entro il 2050).
Per quanto riguarda il caso specifico delle donne c’è da dire che sono sicuramente una delle fasce più colpite, infatti, pur essendo aumentate di numero nel mercato del lavoro (+5000 nel primo trimestre 2016 in relazione al 2015) il tasso di assunzione è decisamente inferiore a quello maschile e, sempre più spesso, vengono licenziate per motivi legate alla cura della famiglia (dal 2004 al 2014 il tasso di licenziamento per questi motivi è passato dal 77,7% al 87,4%).
A questo serio problema va inoltre associato quello degli asili nido, infatti i costi molto alti e la difficoltà di “piazzarvi” all’interno i figli fa si che spesso siano proprio le donne a decidere di ritirarsi dal mondo del lavoro.
Tra le proposte più interessanti presentate all’incontro da Elisabetta Gualmini, vicepresidente della Regione, vi sono le “abitazioni sociali” ovvero la possibilità per due o più persone di andare ad abitare assieme diminuendo in questo modo i costi di mantenimento di una abitazione.
E poi ancora case popolari assegnate ai redditi più bassi e che verranno riassegnate al supermaneto di un determinato reddito; asili nidi con orari più funzionali alle condizioni lavorative attuali; investimenti socio-sanitari con la creazione di “case della salute”, ovvero una via di mezzo tra un ospedale e una domiciliazione; finanziamenti a enti giovanili (anhe privati) come oratori, scout e circoli.
Infine è progettato un anno di servizio civile obbligatorio al termine della scuola e realizzazione di interventi finalizzati a mettere in contatto anziani e giovani dove i primi insegneranno un lavoro ai secondi e dove i secondi digitalizeranno i primi.