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Pensionati, agricoltori e disoccupati  utilizzano spesso, da quando sono stati istituiti, i voucher lavoro, un modo semplice e immediato per favorire l’occupazione. Il buono serve ad acquistare prestazioni occasionali di lavoro regolare pagando, tra l’altro, i contributi. Ma la riforma del governo potrebbe cancellarli, con ripercussioni negative sull’economia. In origine nel Ddl di riforma del mercato del lavoro c’era la liberalizzazione totale per le attività di carattere stagionale. Poi, con un emendamento dei relatori in Commissione, l’esclusione dalla platea dei committenti di imprese commerciali e professionisti nonchè di aziende agricole oltre i 7mila euro di fatturato.

Di fronte a proteste di sindacati (nel primo caso) e imprenditori agricoli (nel secondo), il braccio di ferro sui voucher – con momenti di tensione tra il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, e la titolare del Welfare, Elsa Fornero – si è risolto con un compromesso che ha accontentato i sindacati e lasciato insoddisfatte alcune associazioni datoriali. Al centro del contendere un meccanismo, quello dei buoni, che in questi anni ha registrato un grande boom soprattutto nelle regioni del Nord, con oltre 33,5 milioni di voucher venduti che hanno consentito di centrare, seppur in parte, l’obiettivo di far emergere tanti piccoli lavori in nero. Se la riforma verrà approvata con questa formulazione, arriveranno nuovi vincoli per contenere l’utilizzo dei voucher alle reali attività di lavoro occasionale.

Il fine è nobile, ma siamo sicuri che così si eviterà anche il rischio di un ritorno al nero?

Questo il commento di un sindacalista degli agricoltori.

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