L’Anap, Associazione Nazionale Anziani e Pensionati di Confartigianato Persone Veneto chiede un modello sanitario “più umano e di relazione” tra operatori, medici e assistiti. Il presidente regionale Pellizzari: “Torniamo ai livelli pre-Covid”.
“La sanità che sogniamo è centrata sulla cura della relazione personale medico – assistiti, un’alleanza terapeutica fondata sulla reciproca fiducia. Crediamo che la cura della relazione tra il personale sanitario e l’assistito (il termine “paziente” riteniamo vada aggiornato) sia importante per entrambi: la relazione si nutre di ascolto, presa in carico, accompagnamento e orientamento. La sanità che sogniamo si fonda sulla capacità di dare valore alla comunicazione e presa in carico degli assistiti, prioritarie da chi ha responsabilità nell’organizzazione dei servizi: ascolto, empatia, accompagnamento e orientamento sono elementi di grande valorizzazione della stessa cura delle componenti biologiche e cliniche”.
È questo ciò che è emerso all’annuale Assemblea dei pensionati ANAP di Confartigianato Vicenza dello scorso novembre, dedicata alle novità nell’ambito della salute (Medicina territoriale, Farmacie di servizio, Telemedicina, Ospedali di Comunità) e che corrisponde al pensiero di tutto il sistema Anap di Confartigianato Veneto, che conta 25.503 soci, di cui il 66% proveniente dal mondo artigiano.
Il Presidente regionale Anap Severino Pellizzari ha ribadito che la sanità pubblica, “esprime eccellenze attraverso l’operato del personale e che lavora con grande professionalità e competenza. Per questo, capiamo – ha detto – il disagio espresso dagli operatori sanitari (medici, specialisti, infermieri, OSS) manifestatosi nello sciopero della scorsa settimana: vivono la pressione di richieste sempre maggiori, determinate anche dall’invecchiamento della popolazione, e noi assistiti siamo sempre più “richiestivi”. D’altronde, per noi anziani è fondamentale sapere che quando non stiamo bene, il sistema sanitario risponda nei tempi giusti, facendosi carico della nostra salute. Ci aspettiamo risposte certe e rassicuranti dal nostro medico di medicina generale, dallo specialista, dal farmacista vicino a casa; risposte che – per vari motivi – a volte tardano ad arrivare. Vorremmo tornare a una sanità che – prima del Covid – funzionava bene, per il bene di noi assistiti e degli operatori sanitari. Ci piacerebbe che i medici potessero tornare ad avere il tempo di spiegare in modo chiaro e semplice qual è l’iter di una cura, ad esempio”.
Gli operatori sanitari, come noto, sono vittime di casi di aggressioni o intimidazioni: “esprimiamo la nostra più convinta solidarietà – ha stigmatizzato Pellizzari – a tutto il personale sanitario, che opera sotto stress, con pesanti turni di lavoro, che possono determinare difficoltà agli stessi assistiti”.
Poi il presidente Anap affonda: “Vorremmo che il personale sanitario potesse avere il giusto tempo dedicato alla cura: troppo spesso il carico di lavoro, i tempi/visita molto contingentati, un’organizzazione per cui l’assistito incontra un professionista diverso ad ogni controllo, diventano ostacoli che minano la qualità del lavoro e creano disagio agli assistiti.”
Anap chiede di porre particolare attenzione alle fasi di presa in carico e di dimissione dall’ospedale, fornendo all’assistito indicazioni chiare sul percorso terapeutico e sulla relativa tempistica. “In sintesi, sogniamo una medicina più umana, capace di dare valore alla relazione”.
Nel 2019 Cittadinanzattiva, sancendo un’alleanza tra le Associazioni di Cittadini, le Onlus, gli Operatori sanitari e gli Ordini professionali dell’ambito sanitario, presentò la “Carta di Vicenza – Per la centralità del Sistema socio-sanitario Veneto come Valore e Bene Comune sostenibile”.
Facciamo nostre le sue parole: “senza Relazione non esiste cura; viceversa è solo prestazione. Il Prendersi Cura significa mettere al centro il paziente e i suoi familiari, consci che il Tempo della comunicazione è Tempo di cura e che alcuni dei più importanti aspetti della persona non sono misurabili in moneta. Ciò contribuirebbe anche ad abbattere forme a volte esasperate di contenzioso legale, generate anche da scarsa o inefficace comunicazione e da un non riconoscimento dei ruoli, delle funzioni e dell’organizzazione socio-sanitaria.”
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