Di silver economy, e cioè dell’economia relativa agli over 65, se ne parla da tempo. Ma ora il Primo rapporto del Censis e Tendercapital, presentato nei giorni scorsi a Roma, ha fatto il punto della situazione con dati quanto mai interessanti ed infrangendo gli stereotipi che ancora sussistevano nella convinzione comune.
Secondo il Rapporto non solo il boom demografico, ma anche la silenziosa, quotidiana, profonda rivoluzione nella società hanno reso protagonisti i longevi italiani. La silver economy è centrata su persone mediamente in buona salute, con solide posizioni patrimoniali, buona propensione al consumo, in particolare di tempo libero e culturale, e generatori di welfare sociale e relazionalità. La longevità, è dunque una formidabile risorsa per l’Italia.
Ma andiamo ai dati più rilevanti del Rapporto.
Dati demografici: i numeri della demografia sono implacabili perché in dieci anni nel nostro Paese si hanno: +1,8 milioni di persone con almeno 65 anni -1,5 milioni di giovani fino a 34 anni. -23,7% è il dato sulle nascite, certificandone la caduta in picchiata. Le previsioni per il 2051 annunciano che dagli attuali 13,7 milioni di anziani, pari al 22,8% del totale della popolazione, si passerà a 19,6 milioni, per una incidenza sul totale della popolazione che sarà pari al 33,2% e un incremento percentuale del +42,4%, mentre la popolazione marcherà -4,1%.
Si vive più a lungo perché si vive meglio, con una speranza di vita in Italia tra le più alte nella UE. La speranza di vita media di una persona è 82,7 anni, a fronte di un dato medio UE di 80,9 anni: 1,8 anni in più; – per le donne la speranza di vita è 84,9 anni, mentre il dato medio Ue è 83,5 anni: +0,9 anni; – per gli uomini la speranza di vita è 80,6 anni, a fronte di una media Ue di 78,3 anni: +2,3 anni. L’ascesa dei longevi li rende oggi interpreti di una soggettività forte che significa una personalizzazione dei percorsi di vita dove ciascuno disegna la propria esistenza riempiendola di molteplici attività, ruoli, progetti che generano buona soddisfazione soggettiva. Di fronte alla eterogeneità delle vite degli anziani, l’unico criterio classificatorio socialmente sensato e condiviso su quando si diventa anziani è quello fondato sul grado di autosufficienza delle persone. Per gli italiani si diventa anziani non quando si va in pensione o si raggiunge una determinata età anagrafica, ma se e quando si diventa dipendenti da altre persone nelle ordinarie attività quotidiane, incluse le più intime. Pertanto, tra gli attuali 13,7 milioni di persone con almeno 65 anni che sono da considerarsi anziani per le classificazioni internazionali, oltre 2,8 milioni sono quelli non autosufficienti: essi rappresentano il 20,7% degli over 65, l’81% del totale dei non autosufficienti in Italia.
La nuova potenza economica: Per capire la longevità attuale, in particolare la longevità attiva, occorre liberarsi di stereotipi che continuano ad avere corso nell’arena pubblica, a cominciare da quelli sulla condizione economica. Dai dati sulla condizione economica degli anziani il poverismo riceve una smentita inequivocabile. Infatti, la quota di ricchezza degli anziani sul totale della ricchezza delle famiglie italiane è passata in 20 anni dal 20,2% a quasi il 40% del totale.
Gli anziani hanno una ricchezza media più alta del 13,5% di quella media degli italiani, quella dei millennial è inferiore del 54,6%. In venticinque anni la ricchezza degli anziani è aumentata in termini reali del +77%, mentre quella dei millennial segna -34,6%. Il reddito medio familiare degli anziani in 25 anni ha segnato +19,6% reale ed è passato dal 19% del totale al 31%, mentre il reddito dei millennial ha registrato -34,3% nello stesso periodo. Inoltre è proprietario dell’abitazione in cui vive il 76,1% degli anziani (era il 64,7% 25 anni fa) ed il 44,5% dei giovani (era il 49,7% venticinque anni fa). In definitiva, il 62,7% degli anziani dichiara di avere una situazione economica solida, le spalle coperte, contro il 36,2% del totale della popolazione.
La verità è che se oltre il 60% delle pensioni erogate è inferiore alle 1.000 euro mensili, molti sono i nuclei in cui entrano più pensioni e il reddito familiare è un mosaico di voci che le integra largamente. I consumi degli italiani soffrono, quelli degli anziani no. In 25 anni si è ridotta del -14% reale la spesa dei consumi familiari, +23,3% quella degli anziani, -34,3% quella dei millennial. Nell’ultimo biennio la spesa degli italiani per consumi segna +3,6%, quella degli anziani +4,5% e quella dei millennial -3%. Alta e crescente è la propensione degli anziani per i consumi di qualità, culturali e di tempo libero, che li rende veri interpreti del modello di consumo della neosobrietà, improntato ad una rigorosa selezione dei consumi a vantaggio di quelli che più migliorano la qualità della vita. Così, ad esempio, gli anziani spendono in un anno 2,3 miliardi di euro per musei e mostre (+47% in dieci anni), 2,2 miliardi per il cinema (+58,2), 2 miliardi di euro (+74,2%) per monumenti e siti archeologici, 1,6 miliardi di euro per teatro (+29,1%), 1,6 miliardi (+13,3%) per concerti musicali, quasi 8 600 milioni per discoteche, e balere (+12,3%), 4,9 miliardi (+38,4%) per viaggi e vacanze.
Il valore sociale: Alla potenza economica, gli anziani uniscono una produzione di servizi di utilità sociale che è ormai irrinunciabile per il benessere collettivo. Infatti, sono generatori di welfare irrinunciabile. Gli anziani non sono solo recettori marginali e passivi di assistenza. Infatti, 9,6 milioni si occupano dei propri nipoti e di questi ben 3,6 milioni lo fa regolarmente. Un care che consente a molte donne di stare nel mercato del lavoro senza subire decurtazioni di reddito, ad esempio per pagare una baby sitter o per prendere un part-time. Inoltre, 7,6 milioni di anziani erogano soldi alle famiglie di figli e/o ai nipoti, di questi 1,7 milioni lo fa regolarmente.
Le prestazioni monetarie o in natura erogate dagli anziani sono un puntello chiave per le famiglie più giovani. E poi ci sono gli anziani che si occupano di altri anziani, in un formidabile meccanismo di mutuo aiuto generazionale. Si stimano in 5,1 milioni gli anziani che si occupano di altri anziani e di questi un milione lo fa regolarmente impegnati nel sociale. Sono 1,2 milioni gli anziani che svolgono attività gratuite in associazioni di volontariato, con una produzione di servizi, prestazioni e attività di vario tipo in una pluralità di ambiti che contribuisce a migliorare coesione sociale e qualità della vita nelle comunità. Il 92,3% degli anziani apprezza contesti di vita in cui le persone si conoscono, frequentano, aiutano, in linea con il proprio ruolo di protagonisti della relazionalità, valore decisivo in una società piena di solitudine e spesso percepita come ostile.
Non autosufficienza tra badantato e nuove soluzioni: Sono oltre 2,8 milioni gli anziani non autosufficienti: il 20,7% degli anziani, l’81% del totale dei non autosufficienti in Italia. Il rischio cresce con l’età e supera il 40% oltre gli ottanta anni. Numeri che danno conto degli elevatissimi fabbisogni assistenziali che sono stati coperti in questi anni fondamentalmente dalle famiglie che garantiscono care diretto, in particolare mogli e figlie in 7 casi su 10, trasferiscono una parte del care a circa 1 milione di badanti con una spesa annua per retribuzione stimata in circa 9 miliardi di euro.
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