Ancora una volta si attinge alle pensioni per fare cassa e realizzare entrate ingenti ed immediate. Il blocco della rivalutazione annuale al costo della vita delle pensioni disposto con la Legge di Bilancio, anche se è parziale, si applicherà al 58,6% delle pensioni e consentirà allo Stato di risparmiare 3,6 Miliardi nel triennio 2019-2021.
Se non fosse intervenuta questa legge, tutte le pensioni dal primo gennaio si sarebbero rivalutate in base all’indice calcolato dall’ISTAT pari all’1,10% per il 2019 nella seguente maniera:
- dell’1,10% (ossia l’aliquota intera) sulla fascia di pensione mensile fino a 1.522 euro (3 volte il minimo di pensione);
- dello 0,99% (90% dell’aliquota) sulla fascia compresa tra 1.522 e 2.537 euro (5 volte il minimo);
- dello 0,825% (75% dell’aliquota) sulla fascia mensile eccedente 2.537 euro.
Invece, con le modifiche introdotte, la rivalutazione piena viene assicurata solo per le pensioni con importo fino a 1.522 euro (vale a dire tre volte il trattamento minimo). Per le pensioni superiori a tale importo, sono previste sei fasce di reddito e l’adeguamento all’inflazione sarà:
- del 97% dell’indice ISTAT per le pensioni di importo compreso tra 1.522 e 2.029 euro;
- del 77% dell’indice per le pensioni tra 2.029 e 2.537 euro;
- del 52% dell’indice per le pensioni tra 2.537 e 3.042 euro;
- del 47% dell’indice per le pensioni tra 3.042 e 4.059 euro;
- del 45% dell’indice per le pensioni tra 4.059 e 4.566 euro;
- del 40% dell’indice per le pensioni superiori a 4566 euro.
Tale criterio si applicherà per tre anni. Per rendersi conto di cosa significa questa mancata rivalutazione, facciamo alcuni esempi:
- una pensione di 2.200 euro mensili lordi (1.650 netti) perderà 5 euro al mese;
- una pensione di 2.800 mensili (1.970 netti) perderà 13 euro al mese;
- una pensione di 3.500 mensili (2.350 netti) perderà 17 euro al mese.
Sembra poco, ma, se consideriamo che la rivalutazione all’inflazione sarà ridotta anche nel 2020 e 2021 e che le somme perse saranno perse per sempre, per una pensione come nell’esempio di 2.800 lordi (1970 netti) stiamo parlando di perdite che in dieci anni saranno superiori a 5.000 euro.
L’INPS non ce la farà a pagare fin da gennaio le pensioni con la rivalutazione ridotta, in quanto tutto è già stato predisposto per la rivalutazione piena. Perciò molti pensionati saranno probabilmente sottoposti nei mesi successivi ad un conguaglio negativo.
Il secondo modo per attingere soldi dalle pensioni è quello di tagliare le cosiddette “pensioni d’oro“.
La Legge di Bilancio introduce, a decorre dal 1° gennaio 2019 e per la durata di 5 anni, una riduzione dell’importo delle pensioni eccedenti la soglia di 100.000 euro lordi annui, mediante specifiche aliquote di riduzione, crescenti per specifiche fasce di importo.
Il taglio ammonta al 15 per cento per i redditi compresi tra 100mila e 130mila euro, al 25% per gli assegni compresi tra 130.001 e 200mila euro, al 30% per quelli compresi tra 200.001 e 350.000 euro, al 35% tra i 350.001 e i 500.000 euro.
I risparmi che ne conseguiranno sono valutati in circa 76 milioni nel 2019, ma la normativa si presenta a rischio di incostituzionalità.
Potrebbe interessarti:
- Blocco dell’adeguamento delle pensioni superiori a tre volte il minimo Inps: dubbi sulla legittimità costituzionale
- La riforma Fornero davanti alla Consulta: dubbi sul blocco dell’adeguamento delle pensioni più elevate
- Legge di stabilità, Anap Mantova preoccupata per il blocco della rivalutazione delle pensioni
- Indicizzazione, no al blocco