Mercoledì 18 marzo 2015 la dottoressa Elisa Mattiussi, psichiatra, ha incontrato, presso la sede associativa di Via Ronchi 20, i pensionati dell’Anap e i soci del Circolo ANCoS “Diego di Natale” di Udine. Ecco alcune utili indicazioni che ha fornito trattando il tema dell’insonnia. Prima di approfondire l’argomento “insonnia“, sembra più che opportuno soffermarci sul definire il cosiddetto “sonno fisiologico“. Il sonno è, con termini alquanto altisonanti, una temporanea soppressione della coscienza con modifiche delle funzioni corporee, coinvolgendo la muscolatura liscia, l’attività cardiorespiratoria, la temperatura corporea e i riflessi muscolari.
Nel sonno si identificano due fasi che si alternano ciclicamente
- REM (Rapid Eyes Movements), detto anche sonno attivo. E’ il momento onirico, in cui si sogna. Il battito cardiaco e i movimenti respiratori sono irregolari. Favorisce lo sviluppo cerebrale e l’apprendimento.
- NREM (Non Rapid Eyes Movements), detto anche sonno quieto. E’ correlato alla conservazione e al ristoro delle funzioni vegetative di base. Sembra avere una relazione con le veglia precedente e la necessità metaboliche, termoregolatrici e omeostatiche che si sono rese necessarie.
Il sonno in condizioni fisiologiche è regolato da due sistemi che interagiscono tra di loro: quello omeostatico, che determina la quantità di sonno in base alle energie spese nella fase di veglia, e quello circadiano, che stabilisce l’ora in cui il sonno inizia.
Vi è stretta correlazione tra età e numero di ore di sonno ristoratore: dalle 16-20 ore del neonato alle 8-9 dell’adulto. L’insonnia è quindi la sensazione soggettiva di insufficienza e inadeguatezza del ristoro. Si classifica in base alla frequenza in occasionale, transitoria o cronica e in base alla clinica da addormentamento, con risveglio precoce o intermedio.
L’insonnia può essere secondaria a farmaci: stimolanti (nicotina, caffeina, teina, teobromina o estratti tiroidei); steroidi; beta-bloccanti; broncodilatatori (salbutamolo) e alcol. Può essere anche l’espressione di malattie neurologiche, come la demenza, o di patologie psichiatriche come depressione o ansia. Nella deflessione del tono dell’umore il sonno spesso viene vissuto come rifugio, tuttavia spesso il sonno è irrequieto o popolato da numerosi incubi per cui viene meno la fase NREM e la stanchezza diurna si somma all’apatia patologica.
Nella situazione di ansia, di solito l’induzione di sonno non è facilitata, data la sensazione di allarme con conseguente aumento di secrezione di tutti i neurotrasmettitori sovrastimolanti.
Cosa fare dunque prima di ricorrere ai farmaci ipnotici?
Cercare di identificare una causa scatenante, tentando di rimuoverla – ove possibile – e avere una buona igiene del sonno. Questo significa evitare le sostanze eccitanti dopo le 14 (caffè è the in primis), non effettuare sonnellini pomeridiani, mantenere un ritmo costante (cercare di mangiare e andare a letto con orari regolari), non fare sforzi fisici intensi nella serata.
E se questo non funziona o non è possibile, che farmaci occorre assumere?
Niente di nostra iniziativa, ma consultare sempre il proprio medico curante. Sarà lui eventualmente a fare diagnosi differenziale (magari escludendo un distiroidismo o una sindrome da apnee notturne) e prescrivere un ipnotico idoneo in base alle caratteristiche dell’insonnia e alle eventuali patalogie concomitanti. Quando necessario è utile rivolgersi a uno specialista: se si risolvono i problemi diurni di ansia o depressione, il diurno sonno-veglia si regolarizza di conseguenza.