Per qualcuno potrebbe essere una notizia che ha il sapore di una conquista, per altri può significare un’ovvietà oppure può rappresentare addirittura una visione riduttiva dell’anziano di oggi.
In effetti il pianeta anziani è talmente variegato che l’affermazione dell’ISTAT assomiglia un pò alla media del pollo di Trilussa. A noi che scriviamo e che vediamo intorno a noi parecchi anziani che si danno da fare, conducono una vita attiva, fanno sport, hanno ancora molto da dare alla famiglia e alla società, sembra che definire vecchia una persona di 73 anni sia alquanto inappropriato. Poi certamente ci sono persone sfortunate che, a causa di malanni, invecchiano più rapidamente.
Comunque quello dell’ISTAT è decisamente un passo avanti rispetto a vecchi “indicatori tradizionali” che fissavano il principio dell’anzianità a 65 anni ed è un riconoscimento dell’evoluzione che c’è stata nel modo di essere e di agire dei meno giovani. L’Istituto di statistica, nel suo Rapporto annuale 2020, sostiene in modo molto chiaro che tali indicatori “non si prestano più allo scopo di definire chi sia anziano”. Tanto che negli ultimi decenni, guardando alla speranza di vita residua, “lo spostamento in avanti della condizione di anzianità è stato sempre più veloce”, arrivando oggi a 73 anni per gli uomini e a 76 per le donne. E nel 2060, stando alle previsioni, si potrebbe arrivare a 76 e a 79 anni.
“Oggi è sempre più difficile definire chi sia una persona anziana, se non si stabilisce da quale momento della vita abbia cominciato ad esserlo“, dice l’ISTAT. “Fino a pochi decenni fa, coloro che avevano superato il 65° compleanno venivano considerati anziani. Oggi sarebbe difficile ricorrere alla stessa unità di misura, dati i cambiamenti indotti da una speranza di vita in progressivo aumento. Oggi un 65enne – si legge nel Rapporto – può condurre una vita nel pieno del benessere psico-fisico, essere ancora inserito nel mondo del lavoro o occuparsi attivamente dei propri interessi personali o familiari. Dal momento che la condizione stessa dell’anzianità tende a spostarsi in avanti nel tempo”.
Per l’ISTAT, quindi, dobbiamo scindere “la definizione dell’anzianità dal concetto cronologico”, perché “la condizione di vita per la maggior parte degli anziani non corrisponde più allo stereotipo di persone isolate e bisognose di assistenza continua, tanto da rappresentare un peso per la società e per le famiglie”. Quasi il 50% degli ultraottantenni vive un’ottima qualità della vita, è molto attivo e ha una rete di relazioni estesa e una partecipazione culturale discreta, a volte anche intensa. Circa il 33%, pari a 2 milioni e 137mila, gode di buona salute, risiede soprattutto nel Nord e dichiara risorse economiche ottime o adeguate.
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