Liste di attesa, ticket e accesso alle prestazioni sempre più difficile. E’ questa l’immagine del nostro Servizio Sanitario Nazionale così come emerge dal XVI Rapporto PiT Salute del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, presentato al Ministero della Salute.
“Meno sanità per tutti, la riforma strisciante” è il titolo del Rapporto, che dopo anni in cui gli errori medici rappresentavano il problema più sentito dalle persone, quest’anno vede appunto come prima voce quella dell’Accesso alle prestazioni sanitarie (18,4% del totale delle 27.491 segnalazioni del 2012).
Circa il 12% delle segnalazioni giunte al PiT Salute, nel corso del 2012, riguarda i costi a carico dei cittadini per accedere ad alcune prestazioni sanitarie. La situazione economica ha assunto nel nostro paese una gravità particolare a causa della mancata individuazione di misure di rilancio e di spinte all’innovazione e alla crescita. Se ieri il cittadino si rassegnava alla necessità di pagare per sopperire a un servizio carente, sospeso o intempestivo, oggi vi rinuncia.
L’accesso ai farmaci appare l’ambito maggiormente gravoso in termini economici ed è stato segnalato dai cittadini nel 25,7% dei casi. Per quanto riguarda i farmaci in fascia A i cittadini sono costretti a pagare una differenza di prezzo maggiore tra il generico e il griffato. I pazienti, in particolare quelli affetti da patologia cronica e rara, devono pagare di tasca propria farmaci in fascia C, arrivando a spendere in media all’anno 1127 euro, o parafarmaci (1297 euro), nonostante siano per loro indispensabili e insostituibili, e ne debbano fare uso per tutta la vita.
I costi per le prestazioni in intramoenia (24,4%) appaiono allo stesso modo eccessivi per i cittadini, costretti tuttavia a sostenerli per poter rispondere tempestivamente ai bisogni di cura che il servizio pubblico non è in grado di soddisfare.
Il peso dei ticket sulla diagnostica e la specialistica (16,3%) è il terzo settore segnalato dai cittadini come eccessivamente gravoso dal punto di vista economico e sta diventando un vero e proprio ostacolo alle cure. Dalla fotografia scattata dal Censis in occasione del Welfare Day, infatti, oltre 9 milioni di italiani hanno denunciato che non possono accedere ad alcune prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno per mancanza di soldi. Di questi più di 2 milioni sono anziani, 5 milioni vivono in coppia con figli e 4 milioni risiedono nel Sud del Paese. Inoltre uno studio di Agenas mostra la diminuzione dell’8,5% delle prestazioni erogate a carico del Ssn: la diminuzione è distribuita su tutte le aree, ma più marcata per gli esami di laboratorio. Nella fascia di popolazione che non ha esenzioni né per reddito né per patologie (che corrisponde alla metà circa di coloro che fanno ricorso alle prestazioni specialistiche), il dato ha raggiunto il 17,2%. Questo dato suggerisce che una parte di cittadini, visti i maggiori costi delle prestazioni del Ssn, ha deciso di non richiederle o di rinunciarvi del tutto o di acquistarle dalle strutture private (o in intramoenia).
Se poi in una famiglia è presente un invalido o un anziano c’è davvero di che preoccuparsi: strutture residenziali dai costi esorbitanti (7,6%), per le quali i cittadini arrivano a pagare in media all’anno 13.946 euro. Gli assegni di cura eliminati o inesistenti e l’insufficiente assistenza domiciliare costringono le famiglie a rivolgersi a badanti privati, determinando un aggravio di costi notevole che arriva in media a circa 8.488 euro annui.
Per quanto riguarda l’assistenza protesica ed integrativa (6,9%), i cittadini sono costretti a pagare in media fino a 944 euro annui per avere prodotti di qualità o in quantità accettabili.
Oggi i cittadini non hanno accesso gratuito a dispositivi innovativi, personalizzati e di qualità, se non pagando di tasca propria cifre davvero elevate. Se guardiamo alle persone con stomia ad esempio, sono costrette a utilizzare dispositivi di qualità davvero carente, con pesanti ricadute sullo stato di salute, sulla qualità della vita.
Liste di attesa. Le difficoltà inerenti le lunghe liste d’attesa per accedere ad esami, visite ed interventi chirurgici sono la prima voce (74,3%); il maggiore ricorso all’intramoenia a causa proprio dei tempi eccessivi nel pubblico (15,4%) e l’insostenibilità dei costi dei ticket (10,3%).Il 37,2% delle segnalazioni riguarda gli esami diagnostici, mentre il 29,8% fa riferimento a visite specialistiche. Un’altra parte rilevante delle segnalazioni (28,1%) si concentra attorno alle richieste di ricovero per intervento chirurgico, mentre quasi il 5% rappresenta gli accessi per terapie oncologiche, quali chemioterapia e radioterapia. Nell’ambito degli esami diagnostici, mediamente, si attende di più per le prestazioni di radiologia, come dimostra il 24% delle segnalazioni del 2012 (15,4% nel 2011). Si tratta di un dato in aumento, che sottolinea l’annosità del problema. Seguono due ambiti molto delicati, l’oncologia con il 17,5% (20,4% nel 2011) e ginecologia e ostetricia con il 13,6% (nel 2011 14,3%). I valori di Cardiologia e Gastroenterologia rimangono sostanzialmente invariati, rispettivamente con un 9,8% e un 9,7%. Per la specialistica è invece l’oculistica ad essere segnalata come maggiormente a rischio e rappresenta da sola circa un quarto delle segnalazioni (25,6%, mentre era 18,5% nel 2011). Le visite cardiologiche, con un dato anch’esso pari al 25% del totale (il valore era dell’11,5% nel 2011), sono un altro ambito di disagio, assieme a quelle ortopediche (dato 2012: 15,1%; dato 2011: 17%). Colpisce il dover annoverare ancora l’area oncologica tra gli oggetti di segnalazione: un dato del 9% (coerente per il 2012 e il 2011) non è ancora garanzia della tempestività che è necessaria per un ambito così delicato. Per gli interventi chirurgici, i cittadini hanno segnalato, per il 2012, eccessiva attesa per gli interventi di ortopedia (24,7%), oncologia (16,4%), chirurgia generale (13,7%, ma era 8% nel 2011) e urologia (10,3%; 14% nel 2011): nel primo caso il valore si è abbassato rispetto alla rilevazione 2011 (era pari al 29%), nel secondo caso è aumentato (era infatti pari al 14%).
Il 17,7% delle persone (16,3% nel 2011) si rivolge al Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva per casi di presunto errore medico, con una diminuzione di quelli relativi ai presunti errori diagnostici e terapeutici, (62,7% del 2011, 57% del 2012). Un altro dato che emerge dal Rapporto è che aumentano di molto le segnalazioni sulle condizioni delle strutture sanitarie, passando dal 15% del 2011 al 23% del 2012.
Queste le principali proposte del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva.
Stop ad ulteriori tagli al Fondo Sanitario Nazionale.
- Aggiornare i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) attuando quanto previsto dall’art. 5 del Decreto Balduzzi: revisione elenchi delle patologie croniche e rare esenti, revisione del Nomenclatore Tariffario delle Protesi.
- Agire in maniera sistematica per governare le liste d’attesa, partendo da: aggiornamento del Piano di Governo delle liste di attesa scaduto da oltre un anno; gestione delle agende per i ricoveri ospedalieri più trasparente, promuovendo la messa in rete e la centralizzazione delle relative informazioni; trasparenza e consultabilità per tutti i cittadini dei tempi di attesa reali (e non solo i tempi massimi) per visite, esami, day surgery e ricoveri indicandoli sul proprio sito, in una apposita sezione denominata «Liste di attesa» (applicazione estensiva del decreto 33/13).
- Prevedere la discrezionalità della politica solo all’interno di una cornice rigida di competenze certificate, non solo nella nomina dei Direttori Generali delle ASL ma allargata ai manager di Agenzie ed Enti pubblici che si occupano comunque di sanità.
Coinvolgere le Organizzazioni dei cittadini e dei pazienti, azionisti e utenti del SSN: nell’iter di approvazione del Nuovo Patto per la Salute che traccerà la sanità per i prossimi anni e nell’eventuale iter di riforma del sistema dei ticket.
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