Secondo l’Osservatorio a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali sono 758.372 gli assegni pensionistici messi in pagamento dall’INPS da più di 37 anni. Sono le donne e i prepensionati di anni Ottanta e Novanta tra i principali beneficiari delle rendite di lunghissimo corso. All’1 gennaio 2018 risultano in pagamento presso l’INPS ben 758.372 prestazioni pensionistiche – comprese quelle ex INPDAP relative ai pagamenti pubblici – liquidate da oltre 37 anni, vale a dire erogate a donne e uomini andati in pensione nel 1980, o anche prima.
Nel dettaglio, si tratta di 683.392 prestazioni fruite da lavoratori dipendenti e autonomi (artigiani, commercianti e agricoli), di cui 546.726 erogate a donne e 136.666 a uomini; per i pubblici, il conto ammonta invece a 74.980 prestazioni, di cui 49.510 liquidate a pensionate di sesso femminile e 25.470 a pensionati uomini. Se si considera che prestazioni corrette sotto il profilo attuariale dovrebbero durare in media 25 anni, le anomalie appesantiscono notevolmente il bilancio del welfare italiano.
“Tra le categorie maggiormente favorite – si legge nell’Osservatorio – le donne, cui spetta l’80% delle prestazioni in pagamento da 37 anni e più e il 67% di quelle oltre i 25 anni; pensioni di invalidità, superstiti e vecchiaia le tipologie di prestazioni prevalenti. Da rimarcare poi che, al gennaio 2018, nel settore privato, risultano ancora in essere circa 250mila pensioni dovute a prepensionamenti avvenuti anche con 10 anni di anticipo rispetto ai requisiti allora vigenti: numeri che evidenziano l’uso particolarmente intensivo del prepensionamento fatto sino al 2002 e che in Italia, a differenza di quando non accada in altri Paesi Europei, gravano appunto sul bilancio pensionistico anziché essere considerati delle vere e proprie misure di sostegno al reddito.
Meritevole di particolare attenzione, infine, il caso della pubblica amministrazione che ha potuto beneficiare di norme estremamente favorevoli per andare in pensione anticipatamente negli anni Settanta-Ottanta e fino ai primi anni Novanta, quando la riforma Amato (1992) e la successiva riforma Dini (1996) posero fine al fenomeno delle baby pensioni, maturate cioè a fronte di pochi anni di contributi (dopo 14 anni, 6 mesi e 1 giorno di servizio utile per le donne sposate o con figli, ad esempio). In questo caso, le prestazioni pensionistiche erogate da oltre 37 anni sono quasi 75mila, con prevalenza -per entrambi i generi – della pensione di anzianità su quella di vecchiaia. Fenomeno dovuto, soprattutto per la platea femminile, a carriere più continuative e lunghe, così come alle maggiori tutele (ad esempio in caso di maternità) un tempo attuate dal settore pubblico rispetto al privato.
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