Nella ripartizione della pensione di reversibilità del marito defunto tra l’ex moglie divorziata e quella sposata in seconde nozze, il criterio della durata dei due matrimoni non è un parametro esclusivo. Nella ripartizione della pensione di reversibilità del marito defunto tra l’ex moglie divorziata e quella sposata in seconde nozze, il criterio della durata dei due matrimoni non è un parametro esclusivo. La valutazione del giudice, infatti, non si risolve in un mero calcolo matematico riferito al tempo di convivenza ma comprende la possibilità di applicare correttivi che si devono ispirare all’equità. Che prendano cioè in considerazione anche la durata dell’eventuale convivenza prematrimoniale con la seconda moglie. E’ quanto stabilito dalla Cassazione con sentenza del 21 giugno scorso.
Tutto ciò anche per evitare, come si legge nella sentenza “l’attribuzione, da un canto, al coniuge superstite di una quota di pensione del tutto inadeguata alle più elementari esigenze di vita e, dall’altro, all’ex coniuge di una quota di pensione del tutto sproporzionata all’assegno in precedenza goduto“. In tal modo, dunque, secondo la Cassazione, il giudice “può integrare il criterio legale della durata dei matrimoni con correttivi di carattere equitativo applicati con discrezionalità”, tra i quali l’eventuale convivenza pregressa.