Nei giorni scorsi è stato presentato alla Camera dei Deputati il XIX Rapporto Annuale Inps, tradizionale appuntamento di inizio estate che quest’anno era stato rinviato a causa del Covid 19.
Il rinvio ha consentito di compiere una prima approfondita analisi sull’impatto delle misure adottate dal governo per contrastare le conseguenze della più acuta fase di emergenza su lavoratori e famiglie italiane. I risultati forniscono anche un importante materiale alla riflessione sul ruolo che l’Inps ricopre e sulla trasformazione dell’Istituto nel prossimo futuro.
Per quanto riguarda le prestazioni emergenziali dovute alla pandemia, esse hanno raggiunto 14,2 milioni di persone, per una spesa complessiva, a metà settembre scorso, pari a 26,2 miliardi di euro. Di seguito evidenziamo alcuni punti del Rapporto.
Contrasto agli effetti negativi della pandemia su redditi e occupazione
L’analisi del mercato del lavoro prima della crisi epidemiologica mostra come quest’ultima abbia bruscamente interrotto un ciclo positivo che aveva portato nella prima parte del 2019 gli occupati ai livelli del 2008. Tale trend si è velocemente rovesciato nel corso del 2020: nel primo semestre 2020 l’occupazione (fonte Istat) ha registrato una flessione di oltre 500mila occupati (di cui oltre 400mila dipendenti e circa 100mila indipendenti), mentre i dati tendenziali relativi ai rapporti di lavoro (fonte Inps) registrano una riduzione di 818mila contratti.
A questa dinamica ha corrisposto l’esplosione delle ore di Cassa Integrazione autorizzate (+ 3 Miliardi), mentre si può stimare che nel momento del picco di aprile fossero 5,5 milioni i lavoratori temporaneamente inattivi, scesi a 2,4 milioni nel mese di giugno. Un notevole aumento si è registrato anche per le indennità di disoccupazione, a cui si sono aggiunti i pagamenti delle indennità in favore dei lavoratori autonomi e del Reddito di Emergenza, ed ancora i congedi parentali, i bonus baby-sitter e la sanatoria per i lavoratori irregolari.
Queste misure hanno svolto un’importante azione compensativa, riducendo la perdita di reddito netta del 55% e hanno evitato che circa 302mila persone finissero a rischio di povertà a causa del Covid.
I dati sulle pensioni
La fotografia al 31/12/2109 mostra che i pensionati Inps erano a fine anno scorso 16.035.165, di cui 7,7 milioni maschi e 8,3 milioni femmine. L’importo medio mensile delle pensioni era di 1.586 euro (1.864 per gli uomini e 1.336 per le donne), più alto in media al nord e al centro (1.711 euro) rispetto al sud (1.410 euro).
Dall’analisi dei pensionati per classe di reddito pensionistico, costituito dalla somma degli importi di tutte le prestazioni pensionistiche percepite dallo stesso pensionato, siano esse di tipo previdenziale, indennitario o assistenziale, si osserva che quasi il 34% dei pensionati ha redditi pensionistici inferiori a 1.000 euro mensili, oltre il 21% percepisce redditi pensionistici mensili tra i 1.000 e i 1.500 euro; il restante 45% ha redditi pensionistici oltre i 1.500 euro mensili.
Se poi si approfondiscono le differenze tra redditi maschili e femminili, si osserva che nelle classi di reddito pensionistico più basso (fino a 1.500 euro mensili) le femmine hanno sempre numerosità maggiore rispetto ai maschi; nelle classi di reddito pensionistico più elevato (oltre i 1.500 euro mensili) la situazione si inverte completamente fino ad arrivare all’ultima classe (oltre i 3.000 euro mensili) in cui i maschi rappresentano quasi il triplo delle femmine (12,5% contro il 4,4%).
Riguardo alla distribuzione per gestioni dell’Inps, le prestazioni di tipo previdenziale, che rappresentano oltre l’80% del totale, sono per circa il 50% a carico del Fondo Lavoratori Dipendenti, per il 29,4% a carico delle Gestioni Lavoratori Autonomi e Parasubordinati e per il 17,7% a carico della Gestione Dipendenti Pubblici; l’importo medio per il 2019 risulta pari a 1.192,47 euro con un picco pari a 1.928,56 nella Gestione Dipendenti Pubblici. Tra le prestazioni assistenziali circa l’80% sono di invalidità civile con importo medio mensile di 431,53 euro.
Sostegno alla famiglia: l’insicurezza lavorativa si associa a una riduzione della fertilità
Riguardo all’enorme problema italiano della carenza di nascite, l’indagine sulle misure di sostegno alla famiglia erogate dall’Istituto evidenzia come la diminuzione dei benefici di maternità (2,7 milioni nel periodo 2012- 19) rifletta il calo della natalità. Questo nonostante sia cresciuto negli ultimi anni il numero dei congedi di paternità erogati (697.406 nel periodo 2013-18). All’insicurezza lavorativa appare associata una riduzione della fertilità.
Inoltre, le donne con figli in media arrivano a guadagnare fino a 5.700 euro in meno all’anno, rispetto alle donne con figli, e questo costituisce un evidente disincentivo alla maternità che andrebbe prontamente esaminato e corretto, visto anche che il sistema previdenziale a ripartizione trova il suo equilibrio nel congruo rapporto tra lavoratori attivi contribuenti e pensionati.