Più idrossiclorochina, più ansiolitici, meno “pillole dell’amore“. È stato presentato nei giorni scorsi il Rapporto sull’uso dei farmaci durante l’epidemia COVID-19, realizzato grazie ai dati elaborati dall’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) dell’Agenzia Italiana del Farmaco.
Il documento analizza la tipologia e i consumi dei farmaci impiegati nei primi mesi del 2020 per trattare l’infezione da COVID-19, ma anche quelli utilizzati nelle strutture sanitarie pubbliche per fare fronte all’emergenza, con differenze evidenziate tra il periodo pre COVID-19, individuato nel trimestre dicembre 2019-febbraio 2020, e quello successivo, da marzo a maggio 2020.
Il Rapporto si compone di tre sezioni che approfondiscono le diverse modalità di erogazione dei farmaci: il canale degli acquisti diretti, cioè dei medicinali direttamente acquistati e dispensati presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale (SSN); gli acquisti presso le farmacie territoriali pubbliche e private rimborsati dal SSN tramite ricetta; quelli privati a carico dei cittadini, prevalentemente per i farmaci di classe C.
Tra i farmaci impiegati per trattare pazienti affetti da COVID-19, il Rapporto evidenzia che idrossiclorochina e azitromicina hanno fatto registrare i maggiori consumi nel periodo preso in esame. Mentre, tra i medicinali utilizzati in regime ospedaliero, incrementi significativi nei consumi si sono rilevati per gli iniettivi e l’ossigeno, di prevalente impiego nelle terapie intensive.
Risulta assai evidente il maggior consumo di anestetici generali, sedativi iniettivi e curari a partire dal mese di febbraio 2020. Per tutti questi farmaci sono stati fondamentali i numerosi interventi per calmierare distorsioni distributive ed evitare fenomeni di accaparramento, così da garantirne la disponibilità omogenea e continuativa su tutto il territorio nazionale.
Nel periodo pre e post COVID-19, inoltre, si sono mantenuti stabili i consumi per le categorie di farmaci impiegati per le malattie croniche, a testimonianza del buon esito delle strategie poste in atto per favorire la continuità assistenziale per i malati cronici e fragili, tra cui l’estensione della validità dei piani terapeutici, la dematerializzazione della ricetta medica e l’informazione istituzionale.
Venendo in particolare ai farmaci a intero carico dei cittadini, quelli più acquistati sono stati, oltre all’idrossiclorochina, gli ansiolitici, la vitamina C e la vitamina D. L’idrossiclorochina, infatti, pur essendo un farmaco in classe A, può essere erogato direttamente al paziente a proprio carico, e ha visto un picco di approvvigionamento da parte delle farmacie ad aprile 2020, mese che ha fatto registrare, rispetto a marzo 2020, un incremento in termini di confezioni di più del doppio rispetto alla media dei tre mesi pre COVID-19.
Per quanto riguarda gli ansiolitici dispensati con ricetta, c’è stato un grosso aumento dei consumi soprattutto in corrispondenza del lockdown, con un calo nei mesi successivi di aprile e maggio.
I dati mostrano, invece, un calo marcato dell’utilizzo di Fans, gli antinfiammatori non steroidei, come l’ibuprofene, dopo l’allarme per un possibile effetto negativo sui pazienti Covid lanciato a inizio pandemia.
Infine una curiosità: durante il periodo del lockdown si è verificata una brusca riduzione di acquisti di inibitori della fosfodiesterasi per la disfunzione erettile (cosiddette pillole dell’amore), segno di una modifica nei comportamenti sessuali abituali nelle coppie, con una probabile conseguente riduzione dei rapporti in corrispondenza della quarantena.
Foto di Polina Tankilevitch da Pexels
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