Il Rapporto annuale dell’INPS 2014, presentato recentemente in Parlamento dal Commissario Vittorio Conti, che prende in considerazione, come ogni anno, i principali aspetti dell’azione istituzionale dell’Istituto previdenziale dal punto di vista finanziario e da quello dell’erogazione delle prestazioni, mette in evidenza che nel 2013 la gestione di competenza ha prodotto un saldo negativo di 9,9 miliardi di euro, quale differenza fra 396,8 miliardi di euro di entrate e 406,7 miliardi di euro di uscite complessive.
Tale disavanzo finanziario di competenza è da ascrivere in larga parte alla Gestione dei lavoratori pubblici ex Inpdap, mentre c’è un sostanziale pareggio della gestione ex Enpals.
La situazione patrimoniale alla fine dell’esercizio 2013 rileva (dato di preconsuntivo) un patrimonio netto di 7,5 miliardi di euro. Tale valore migliora nettamente se si tiene conto della legge di stabilità 2014, la quale prevede che le anticipazioni di bilancio negli esercizi pregressi al 2012, per il pagamento delle prestazioni ai dipendenti dell’amministrazione pubblica, si intendano effettuate a titolo definitivo. L’effetto di questa disposizione normativa comporta un miglioramento del patrimonio netto dell’Istituto pari a 21,7 miliardi di euro, portando il patrimonio netto all’1.1.2014 a 29,2 miliardi di euro complessivi. Il deficit patrimoniale e lo squilibrio strutturale dell’ex Inpdap non mettono, quindi, a rischio la sostenibilità del sistema pensionistico.
Il bilancio dell’INPS nel 2013 resta quindi in rosso, ma – secondo il Rapporto – non è a rischio la tenuta del sistema previdenziale.
Infatti, se lo Stato ha sempre fatto fronte ai disavanzi dell’Inpdap anticipando le risorse necessarie con oneri a carico della fiscalità generale, la legge di stabilità 2012, che ha introdotto nuovi meccanismi di finanziamento statale a sostegno delle gestioni previdenziali dell’ex Inpdap, e la recente legge di stabilità 2014 (che neutralizza, di fatto, la pregressa passività patrimoniale dell’ente, confluita nell’Inps per effetto dell’incorporazione) hanno risolto le criticità di bilancio dell’ente soppresso.
Peraltro, va ricordato che nel bilancio dell’Istituto esiste l’unitarietà della gestione finanziaria, che consente di operare interventi a favore delle gestioni finanziariamente deficitarie.
Da ultimo, nei prossimi anni, le riforme degli anni scorsi e soprattutto quelle della legge 22 dicembre 2011, n. 214 andranno a regime producendo i loro effetti e porteranno a risparmi significativi e crescenti nel tempo, per cui il temporaneo disavanzo dell’Istituto è destinato ad essere riassorbito, mettendo definitivamente in sicurezza i conti della previdenza italiana.
A rassicurare della tenuta finanziaria dell’INPS è anche il Commissario Conti nella sua audizione parlamentare, il quale ha anche aperto ad una revisione del sistema previdenziale. “Tra le precondizioni per un sistema ordinato e sinergico va segnalata la necessità che l’architettura di riferimento del sistema previdenziale pubblico sia più flessibile, con riferimento a tempi e modi di uscita dal mercato del lavoro, ma stabile nel tempo, almeno dal momento in cui il lavoratore è nelle condizioni di poter avviare la pianificazione del proprio futuro” – ha spiegato -.”I cambiamenti delle regole a gioco già iniziato, infatti – secondo il presidente dell’Inps – possono vanificare gli sforzi, creare incertezza sugli esiti finali e minare così la convinzione di poter incidere attivamente sulle prospettive pensionistiche a tendere. Ciò può indurre a non decidere o, peggio, a farlo sulla scorta di suggestioni e criteri irrazionali”. La stagione di riforme previdenziali dal 2009 al 2011, imposta dall’emergenza di garantire sostenibilità finanziaria al sistema, è stata, per Conti, “così incalzante e severa da insinuare nella collettività incertezze sulla tenuta delle legittime attese previdenziali, timori che ora è necessario dissipare assicurando stabilità al quadro di riferimento per poter riavviare un processo virtuoso”.
Per Conti, dunque, “è opportuno inserire elementi di flessibilità che consentano di rendere più equa la nuova architettura”. E questo “a partire dai i lavoratori precoci e per i lavori usuranti guardando anche agli esodati”. “Si sta discutendo- ha detto – anche sulle soluzioni di salvaguardia per i lavoratori esodati che più di altri hanno subìto gli effetti dell’ultima riforma, con particolare riferimento ai gap temporali che si sono aperti tra fine lavoro e decorrenza della pensione”.
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