Nei giorni scorsi il Presidente dell’INPS Pasquale Tridico ha presentato alla Camera dei Deputati il XXI Rapporto annuale dell’Istituto. Alla presentazione sono intervenuti il ministro del Lavoro, Andrea Orlando e il vicepresidente della Camera, Ettore Rosato. Ha partecipato anche il Capo dello Stato, Sergio Mattarella.
I dati sui pensionati
Al 31 dicembre 2021 i pensionati erano circa 16 milioni, di cui 7,7 milioni di maschi e 8,3 milioni di femmine, per circa 22 milioni di assegni pensionistici. L’importo lordo delle pensioni complessivamente erogate è stato di 312 miliardi di euro. Sebbene rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52%), le femmine percepiscono il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 137 miliardi di euro contro i 175 miliardi dei maschi. L’importo medio mensile dei redditi percepiti dagli uomini è superiore a quello delle donne del 37% (la tabella INPS).
Dei pensionati italiani, il 97% circa percepisce almeno una prestazione dall’INPS e ha un reddito lordo mensile medio di circa 1.640 euro. Il restante 3% non beneficia di nessuna prestazione da parte dell’INPS, ma percepisce rendite INAIL o pensioni di guerra o ancora pensioni da Casse professionali, Fondi pensione e Enti minori.
La povertà tra i pensionati
Secondo i dati del Casellario centrale dei pensionati INPS, nel 2021 l’importo lordo annuo di oltre il 50% delle singole prestazioni godute dai pensionati è stato inferiore ai 12.000 euro. Tenendo conto del fatto che oltre il 35% dei pensionati ha ricevuto più di una prestazione, il reddito pensionistico previdenziale complessivo si colloca comunque al di sotto di quella soglia per quasi il 40% dei pensionati. Tale dato scende al 32% del totale dei pensionati, circa 5 milioni 120mila persone, se si considerano anche le integrazioni al minimo, i trasferimenti e le maggiorazioni sociali. Un dato assai rilevante questo, che sta a significare che circa un terzo dei pensionati italiani, pur considerando anche le maggiorazioni di tipo assistenziale, sta al di sotto dei 1.000 euro al mese.
Da un’analisi del 20% più povero tra i pensionati (fino a 10.000 euro annui) emerge che solo il 15% dei pensionati in questa fascia riceve un assegno sociale e il 26% una pensione ai superstiti. Quasi il 60% percepisce una pensione di vecchiaia o anticipata dal Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti, il che riflette il fenomeno della povertà lavorativa che hanno sperimentato nei decenni precedenti, in cui erano attivi.
Disuguaglianze in aumento
Considerando il periodo 1995-2021, la disuguaglianza dei redditi pensionistici, pari alla somma degli importi lordi annui di tutte le prestazioni ricevute da ciascun pensionato, è cresciuta di circa 3 punti percentuali.
Secondo il Rapporto, inoltre, con 30 anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l’ora, un lavoratore potrebbe avere una pensione a 65 anni di circa 750 euro. Considerando il futuro previdenziale della generazione dei nati tra il 1965 e il 1980, si sottolinea che i più giovani dovranno lavorare in media tre anni in più rispetto ai più anziani.
Le donne più penalizzate
All’interno della povertà pensionistica, sono sempre le donne ad essere ripetutamente penalizzate: hanno avuto un allungamento della vita lavorativa per allinearla a quella degli uomini, andando in pensione più tardi di quanto si aspettassero al momento in cui entrarono nel mercato, pur avendo lavorato meno a lungo e tipicamente meno ore, ad una paga oraria/settimanale inferiore a quella degli uomini.
Sebbene le donne siano il 52% del totale (8,3 milioni a fronte di 7,7 milioni di uomini), percepiscono solo il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 137 miliardi di euro contro i 175 miliardi dei maschi. L’importo medio mensile dei redditi percepiti dagli uomini è superiore a quello delle donne del 37%. Se in media i pensionati percepiscono 1.620 euro al mese le donne hanno 1.374 euro, oltre 500 in meno degli uomini (1.884).
Reddito di cittadinanza, 23 Miliardi nei primi 36 mesi
Nei primi 36 mesi di applicazione del Reddito di cittadinanza (aprile 2019-aprile 2022) la misura ha raggiunto 2,2 milioni di nuclei familiari per 4,8 milioni di persone, per un’erogazione totale di quasi 23 miliardi di euro. L’importo medio mensile risulta per il mese di marzo 2022 pari a 548 euro per nucleo familiare, molto differenziato tra Reddito di Cittadinanza (577 euro) e Pensione di Cittadinanza (248 euro).
Nubi sul futuro pensionistico
Il problema dei futuri pensionati poveri si intreccia già oggi con il problema della sostenibilità del sistema pensionistico nel medio periodo. La struttura demografica della popolazione italiana ci mostra come l’onda dei baby boomers stia arrivando alla pensione e come, per contro, la base contributiva si stia restringendo. Quand’anche le politiche di contrasto alla denatalità risultassero efficaci, i benefici di nuovi contribuenti che entrano nel mercato del lavoro si verificheranno tra 20-25 anni.
Inoltre, l’aumento dell’inflazione nel 2022 con una crescita dei prezzi che a fine anno potrebbe assestarsi sull’8% potrebbe pesare sulla spesa per pensioni dell’Inps nel 2023 per 24 miliardi. Sulla base dei dati al primo gennaio 2020 (quindi senza calcolare lo shock della pandemia e della guerra) il disavanzo patrimoniale dell’Istituto potrebbe arrivare a 92 miliardi nel 2029.
L’INPS sottolinea che ci vuole crescita economica e produttività per un sistema in equilibrio ed è necessario da una parte non innescare una spirale inflazionistica e dall’altra intervenire a sostegno dei redditi, soprattutto quelli medio-bassi, a fronte dell’aumento dell’inflazione.
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