E’ stato presentato il 15 gennaio a Roma il Rapporto OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sul Servizio Sanitario Nazionale italiano dal titolo “Revisione Ocse sulla qualità dell’assistenza sanitaria in Italia“.
La monografia, realizzata in collaborazione con Agenas, fotografa la qualità dell’assistenza fornita, evidenziando le buone pratiche e proponendo una serie di valutazioni e raccomandazioni mirate a favorire un ulteriore miglioramento della qualità delle cure.
In particolare, il Rapporto mette in evidenza come l’Italia abbia migliorato notevolmente la qualità dell’assistenza sanitaria negli ultimi decenni, anche se restano da affrontare le forti disparità che permangono tra le Regioni.
Come si legge nel Comunicato stampa OCSE, “gli indicatori di salute della popolazione italiana sono tra i migliori nell’area OCSE. L’Italia è al quinto posto tra in Paesi OCSE nell’aspettativa di vita alla nascita, 82.3 anni. I tassi di ricovero ospedaliero per asma, malattie polmonari croniche (bronco pneumopatia cronica ostruttiva – BPCO) sono tra i più bassi dell’area OCSE e quelli di mortalità a seguito di ictus o infarto sono ben al di sotto della media OCSE.
Questi dati aggregati, sebbene rassicuranti, mascherano tuttavia profonde differenze regionali. I tassi di ricoveri ospedalieri per condizioni come l’asma e la BPCO, che dovrebbero essere evitate con appropriata assistenza primaria e territoriale, variano significativamente. Ad esempio, il numero di bambini ricoverati in ospedale con un attacco d’asma in Sicilia è cinque volte superiore rispetto alla Toscana e i ricoveri ospedalieri per malattie polmonari croniche variano del doppio, con 1,5 ricoveri per 1.000 abitanti in Piemonte e 3,07 in Basilicata. L’incidenza di parti cesarei, associati ad un maggiore rischio di morte della madre e complicazioni e che quindi andrebbero limitati, mostrano anch’essi forti variazioni. A livello nazionale, i parti cesarei rappresentano circa il 25% del totale, ma l’incidenza è sensibilmente più elevata nelle regioni del sud, per esempio in Campania dove si arriva a più del 45%, mentre in Trentino Alto Adige i valori sono molto più bassi (Bolzano 13,6% e Trento 14,5%).
Sono necessari sforzi per sostenere le regioni e le provincie autonome più deboli affinché possano erogare servizi di alta qualità. È necessario sviluppare un approccio più omogeneo ed ambizioso per monitorare e migliorare la qualità a livello nazionale. Un’infrastruttura informativa meno frammentata aiuterebbe a valutare meglio la qualità dell’assistenza sanitaria. Sarebbe opportuno sviluppare ulteriormente le responsabilità delle autorità nazionali, come ad esempio AGENAS, il cui ruolo è di supportare le regioni e le provincie autonome.
Oltre a lavorare per ridurre le forti disparità tra le regioni, è necessario porre maggiore attenzione rispetto alla qualità della sanità a livello nazionale. Negli ultimi anni, il settore sanitario ha subito forti pressioni di contenimento della spesa nel contesto delle manovre di bilancio. Mentre l’Italia fornisce un’assistenza sanitaria di qualità e a un costo relativamente basso – con $ 3.027 per abitante a parità di potere d’acquisto l’Italia spende molto meno di limitrofi come l’Austria, la Francia o la Germania – la lenta crescita della spesa prima della crisi e il taglio della spesa durante la crisi (-0,4% sia nel 2010 che nel 2011), hanno messo a dura prova le risorse.
L’Italia deve assicurare che continui sforzi per contenere la spesa sanitaria non intacchino la qualità dell’assistenza sanitaria come principio fondamentale di governance. L’allocazione delle risorse regionali deve avere un focus sulla qualità, ed essere collegata ad incentivi per il miglioramento della qualità. A livello regionale, devono essere concordati piani di miglioramento della qualità con obiettivi specifici”.
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