Il Tribunale di Termini Imerese, con sentenza del 30 maggio 2018, ha analizzato la responsabilità penale del medico che pratica un trattamento sanitario (anche se salva vita) contro il dissenso espresso del paziente. La sentenza costituisce un’applicazione pratica del noto principio di “alleanza terapeutica” e indica chiaramente, a garanzia degli esercenti la professione sanitaria, i confini dell’intervento medico così come delineati dalla Costituzione e dal codice di deontologia medica che assicurano il diritto alla salute nel pieno rispetto della dignità di scelta del paziente.
In particolare, sotto il profilo tecnico la sentenza qualifica la fattispecie dell’intervento medico, contro il dissenso espresso come reato di violenza privata di cui all’art. 610 del codice penale. Il Tribunale di Termini Imerese ha effettuato una puntuale ricostruzione a livello giurisprudenziale del fondamento giuridico e della legittimazione dell’attività medico-chirurgica, oltre che dell’istituto del consenso informato, richiamando le sentenze più significative intervenute sulla tematica, tra le quali la nota sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 2437 del 18/12/2008, che ha affrontato nel dettaglio tutte le citate questioni giuridiche.
Ha successivamente preso in esame lo specifico caso del rifiuto (da parte del paziente) della trasfusione di sangue, le ipotesi di applicazione della scriminante dello stato di necessità di cui all’art.54 c.p., nonché i fondamenti dello specifico reato di violenza privata di cui all’art. 610 c.p.. Secondo il Tribunale di Termini Imerese, l’analisi della giurisprudenza scolpisce dunque il principio – assolutamente sintonico con il nostro ordinamento giuridico incentrato sulla concezione personalistica dell’uomo – della volontà del paziente come limite ultimo (non valicabile e non sacrificabile) dell’esercizio dell’attività medica; invero il criterio di disciplina della relazione medico-malato è quello della libera disponibilità del bene salute da parte del paziente in possesso delle capacità intellettive e volitive, secondo una totale autonomia di scelte che può comportare il sacrificio del bene stesso della vita e che deve essere sempre rispettata dal sanitario.
A detta sentenza, benché non contenga alcun richiamo alla recente legge 27/12/2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento“, deve essere senza dubbio riconosciuto il pregio di porre un punto fermo nell’affermazione in concreto sia dei diritti del paziente sia della tutela di tutti i medici che curano secondo il principio di “alleanza terapeutica” nel rispetto della dignità e del valore della “persona umana“.
Fonte: Altalex
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