A Roma, il 28 aprile il Censis ha presentato i principali risultati della ricerca «Una prospettiva di vigore per uscire dalla depressione» realizzata in collaborazione con Eni. La quotidiana rincorsa ai dati catastrofisti su economia, occupazione e disagio sociale rischia – secondo il Censis – di assuefare un’opinione pubblica apparentemente rassegnata. Sono però ormai tanti i segnali che l’onda si va rialzando. Il Censis ha realizzato un viaggio nel vigore socio-economico prossimo venturo, scoprendo le energie e i soggetti vitali da cui ripartire per andare oltre la facile depressione: i territori del vigore economico, le donne acrobate multitasking, gli immigrati alla conquista dell’autonomia imprenditoriale, i giovani pendolari globali. Ma ecco, più in dettaglio, i risultati della ricerca
I territori del vigore economico. I fragili indizi di ripresa economica colti negli ultimi tempi evidenziano dinamiche territoriali differenziate. Nel 2013, l’anno peggiore della crisi, sono comunque nate 1.053 imprese al giorno a fronte di 1.018 che hanno chiuso. Di start-up innovative se ne contano circa 2mila: ne sono nate 4 nuove al giorno.
Le città italiane del vigore: Milano meglio di Roma. È Milano la città che la maggior parte degli italiani (il 69%) considera la più vitale. Seguono, a distanza, Torino (22%) e Roma (14%). Aspettando l’Expo del 2015, e all’indomani del successo del Salone del mobile, la città meneghina sembra aver ritrovato il ritmo giusto.
I nuovi protagonisti del vigore: le donne acrobate multitasking. Quasi un quarto delle imprese italiane ha alla guida una donna, con un aumento di oltre 10mila unità in due anni. E crescono, più in generale, le responsabilità femminili nella gerarchia dei posti di comando. Oggi in Italia 6,2 milioni di occupati riferiscono a un capo donna (e, di questi, 3,2 milioni sono uomini). Il 67% dei lavoratori maschi con un capo donna ritiene che non ci siano differenze attribuibili al genere, e il 15% di loro pensa che la donna capo sia meglio. Più ambiziose, più precise, più responsabili e anche più emotive: sono questi i tratti che, secondo i maschi, caratterizzano le donne rispetto ai colleghi uomini nel lavoro. Per il 21% le donne sono anche più competitive e per il 20,5% più competenti. Il multitasking (saper fare più cose alla volta) che connota le donne che lavorano è un sintomo di vigore che si spinge fin dentro l’intimità casalinga.
Gli immigrati alla conquista dell’autonomia imprenditoriale. Sono quasi 380mila gli imprenditori nati all’estero presenti in Italia: +16,5% rispetto al 2009. Notevole è stato lo sviluppo negli esercizi commerciali: dal 2009 a oggi sono aumentati del 21,3% i titolari stranieri nel comparto al dettaglio e del 9,1% nel settore dell’ingrosso. Sono ormai 6 milioni gli italiani che fanno regolarmente acquisti in negozi etnici, gestiti da cinesi o indiani. 3,5 milioni di italiani acquistano con regolarità in questi negozi i prodotti casalinghi, 2,6 milioni i prodotti alimentari, 2,3 milioni la frutta, la verdura e i detersivi, 1,9 milioni vi si rivolgono per riparare i telefoni cellulari. Il 62% degli italiani si reca nei negozi di prossimità gestiti dai migranti perché i prezzi sono convenienti, il 34% perché vi si trovano prodotti altrove irreperibili, il 22% per la comodità degli orari.
I giovani pendolari globali. Molto si è parlato in questi anni dei giovani in uscita permanente dall’Italia. Ma ci sono 3,7 milioni di persone con meno di 35 anni che vivono all’estero solo per qualche periodo all’anno. Sono flussi rilevanti di giovani che hanno fatto dell’esperienza preziosa dell’andare oltre confine, magari anche per brevi periodi, una componente stabile della loro vita. Se il 26,5% dei giovani italiani è convinto che il trasferimento all’estero dovrebbe essere definitivo, il 61% ritiene invece che è opportuno trasferirsi per un breve periodo. Gli Stati Uniti (per il 48%), la Germania (41%), l’Australia (40%) e il Regno Unito (39%) sono i Paesi che i giovani indicano come mete più ambite. I Brics tirano poco: la Cina è citata dal 12% dei giovani italiani, il Brasile dal 6%, l’India dal 4%.
Stili di vita e consumi: sobri sì, asceti no. Dopo i tagli agli sprechi ed eccessi degli anni passati, oggi c’è voglia di allentare la cintura. Nel caso in futuro potessero contare su un aumento stabile del proprio reddito, cosa ne farebbero gli italiani? Il 38% aumenterebbe i consumi, recuperando quelle abitudini a cui hanno dovuto rinunciare, come cenare al ristorante. Il 33% ci si farebbe un gruzzoletto per affrontare spese future impreviste. Il 32,5% investirebbe per coprire bisogni sociali in previdenza, sanità, formazione. Il 30% si toglierebbe uno sfizio, come fare un viaggio. Decollano poi nuovi modelli di consumo: sono 6 milioni le persone che hanno acquistato almeno una volta oggetti che sono stati trasformati o reinventati a partire da materiali di recupero.
Voglia di vivere, altro che depressione. Il territorio è disseminato di eventi che uniscono cultura, enogastronomia, escursionismo e shopping. Annualmente si svolgono in Italia 32mila sagre, con complessivamente 250mila giornate di attività e un fatturato intorno ai 700 milioni di euro. A 28 milioni di italiani capita con regolarità di fare gite fuori porta in luoghi in cui il piacere della tavola si concilia con la bellezza del paesaggio. Si tratta di un vigore per ora più di alcuni segmenti sociali e psicologico, che coinvolge energie private da valorizzare. Per fare questo ci vuole il giusto clima, in cui le nuove esuberanze possano dispiegarsi, ed è importante anche l’orgoglio di Paese. L’orgoglio di essere italiani è espresso dal 94,5% dei cittadini: un orgoglio che per il 71% dipende dal patrimonio artistico-culturale, per il 28% dai tanti nostri pregi riconosciuti nel mondo (creatività, socievolezza, ecc.), per il 27% dal nostro patrimonio enogastronomico.
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