E’ stata finalmente pubblicata la circolare dell’INPS (numero 44 del 22 marzo scorso) che chiarisce quali importi saranno effettivamente erogati ai pensionati nell’anno in corso applicando la rivalutazione automatica stabilita dalla legge di Bilancio approvata dal Parlamento a fine 2018.
Infatti, i primi ratei di pensione del 2019 (gennaio, febbraio e marzo) sono stati erogati dall’INPS considerando una rivalutazione all’inflazione (che è stata definita in via provvisoria per il 2018 all’1,1%) sulla base della legge 388 del 2000, a cui si sarebbe dovuto tornare dopo anni di applicazione di una normativa particolarmente penalizzante per le pensioni di importo superiore a 5 volte il trattamento minimo. Il Governo Conte, con la citata legge di Bilancio, ha invece previsto una rivalutazione delle pensioni simile a quella che per anni ha svalutato le pensioni nel recente passato, salvaguardando solo quelle fino a tre volte il trattamento minimo.
Pertanto, l’INPS sta ricalcolando tutte le pensioni secondo il nuovo schema di indicizzazione, schema che ovviamente produrrà dei conguagli negativi per le pensioni per molti pensionati (si calcola siano oltre tre milioni) che godono di trattamenti pensionistici di importo da 1.540 euro lordi in su, che non possono essere certamente considerati privilegiati. Con la circolare del 22 marzo, l’INPS ha dunque comunicato che il nuovo importo verrà messo in pagamento dalla mensilità di aprile 2019 e il conguaglio riguarderà pertanto le prime tre mensilità del 2019. Non si precisa però su quale mensilità di pensione verrà effettuato il conguaglio, ma probabilmente questo avverrà dopo le elezioni europee di maggio.
Riguardo alle pensioni “d’oro”, vale a dire le pensioni d’importo superiore ai 100.000 euro lordi l’anno, il “taglio” deciso in Legge di Bilancio ci sarà probabilmente a giugno. Si tratta di un vero taglio per la durata di 5 anni, perché non c’è alcun ricalcolo delle pensioni sulla base dei contributi versati. I pensionati colpiti saranno in realtà molto pochi: 35.642, pari allo 0,22% dei pensionati totali. Conseguentemente il ricavo lordo per lo Stato sarà piuttosto modesto, soprattutto se si considera che si tratta di pensioni lorde: al netto, il ricavo per le finanze pubbliche si riduce a poco più di 120 milioni l’anno. Questo senza considerare che ci saranno numerosi ricorsi che potrebbero produrre costi per lo Stato difficili da stimare adesso.
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