Arrivano buone notizie dalla ricerca secondo quanto pubblicato dal giornale Financial Times, il candidato vaccino anti-Covid-19, sviluppato dall’Università di Oxford in collaborazione con l’Irbm di Pomezia e prodotto da AstraZenca “ha innescato una robusta risposta immunitaria negli anziani, il gruppo a più alto rischio di malattia”. Il problema dei vaccini per gli anziani è, infatti, che il sistema immunitario si indebolisce con l’età, e questo ha fatto temere ai ricercatori di tutto il mondo che proprio il gruppo che ha più bisogno della protezione possa generare la risposta meno efficace una volta immunizzato.
Secondo il quotidiano inglese, il vaccino stimola la produzione di anticorpi protettivi e di cellule T, una condizione necessaria anche se non sufficiente a stabilire l’efficacia e che non dà indicazioni sulla sicurezza. La risposta immunitaria da parte degli anziani sarebbe simile a quella già vista negli adulti tra 18 e 55 anni, già descritta a luglio. Anche questi risultati, riporta il Ft, saranno pubblicati a breve su una rivista scientifica.
Il vaccino di Oxford è uno di quelli in fase più avanzata di sviluppo in questo momento, con i primi dati su sicurezza ed efficacia che sono attesi entro quest’anno. Il test negli Usa del vaccino è appena ripreso, dopo uno stop per l’analisi di alcuni effetti collaterali segnalati dall’azienda. Tuttavia, mentre buoni dati di immunogenicità sarebbero incoraggianti in ultima analisi, è cruciale capire se il vaccino protegge da malattie gravi e lo sapremo solo dagli studi di fase 3.
Intanto, sembra trapelare ottimismo sul fatto che la vaccinazione di gruppi prioritari come il personale del Servizio sanitario nazionale britannico in prima linea nella lotta contro Covid-19 possa essere avviata già a gennaio.
Secondo Piero Di Lorenzo, presidente dell’Irbm di Pomezia, l’azienda italiana che sta contribuendo allo sviluppo, l’Italia è riuscita ad inserirsi nel gruppo di testa dei paesi europei che hanno prenotato il vaccino e quindi dovrebbe essere tra i primi ad averlo. Se si arriverà alla fine della sperimentazione della fase 3 entro dicembre senza che si verifichino casi avversi, delle prime 20-30 milioni di dosi prodotte, nel nostro Paese dovrebbero arrivarne 2-3 milioni.
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