Con un comunicato stampa pubblicato sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) è stato annunciato che il Ministro Giancarlo Giorgetti ha firmato un decreto che dispone a partire dal 1° gennaio 2023 un adeguamento pari a +7,3% delle pensioni dei cittadini.
L’aumento, come previsto dalla normativa vigente, è stato calcolato sulla base della variazione percentuale che si è verificata negli indici dei prezzi al consumo forniti dall’ISTAT il 3 novembre 2022. Peraltro, l’indice ISTAT preso in considerazione non è definitivo, e quindi ci potrebbe essere un ulteriore conguaglio se l’inflazione – come sembra – quest’anno continuerà a salire nei mesi di novembre e dicembre.
Va ricordato che, per le pensioni fino a 2.692,32 euro mensili, il Governo Draghi con il decreto Aiuti-bis, aveva in via eccezionale già anticipato una parte dell’adeguamento, nella misura del 2%, a decorrere dal mese di ottobre dell’anno in corso.
Dopo anni di calma piatta, gli aumenti non saranno di poco conto, anche se probabilmente non riusciranno a compensare i pensionati della svalutazione reale dei loro trattamenti. Se si prende il trattamento minimo, si passa dai 525,38 euro mensili del 2022 ai 563,73 euro del 2023, ovvero circa 38 euro in più al mese, quasi 500 euro in più all’anno considerando le tredici mensilità. E bisogna anche considerare che si tratta di un aumento reale, in quanto su questi importi di pensione non c’è prelievo fiscale.
Ma l’indice ISTAT del +7,3% per la perequazione non si applicherà per intero su tutti gli assegni, bensì con il meccanismo progressivo previsto dalla legge 448/1998 e successive modifiche, ovvero:
- nella misura del 100% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici fino a quattro volte il trattamento minimo INPS;
- nella misura del 90% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra quattro e cinque volte il trattamento minimo INPS;
- nella misura del 75% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il predetto trattamento minimo.
In sostanza, la percentuale del 7,3% diventa qualcosa di meno con il crescere dell’assegno. Quando si superano i 2.627 euro lordi di pensione, la fascia di trattamento tra quella cifra e 2.627 euro (ossia, tra quattro e cinque volte il minimo) riceve una rivalutazione del 6,57% (il 90% del 7,3%) e al di sopra dei 2.627 euro si scende al 5,475% (il 75% del 7,3%). Senza considerare poi il prelievo fiscale.
Per semplificare, a titolo di esempio:
- le pensioni minime dovrebbero ricevere 38 euro mensili netti in più
- le pensioni da 1.000 euro circa 75 euro mensili netti in più
- le pensioni da 2.000 euro circa 100 euro netti in più
- le pensioni da 2.500 euro circa 111 euro netti in più
- le pensioni da 4.000 euro circa 150 euro di aumento netto.
Image by Freepik
Potrebbe interessarti:
- Rivalutazione delle pensioni: il differimento non ci sarà
- Per la Cassazione l’importo va liquidato al danneggiato per intero, senza riduzione percentuale pari al grado di invalidità permanente
- Rivalutazione delle pensioni ridotta da aprile
- Legge di stabilità, Anap Mantova preoccupata per il blocco della rivalutazione delle pensioni