Ma più di un terzo non riesce a risparmiare: ecco il nuovo volto della disuguaglianza. E gli strumenti integrativi ancora non decollano. Questi sono i principali risultati della ricerca “Dal cash cautelativo alla protezione“, che è stata presentata giorni addietro a Roma da Francesco Maietta, Responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis, e discussa da Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, Luigi Di Falco, Responsabile Protezione, Vita e Welfare dell’ANIA, Antonio Gaudioso, Segretario Generale di Cittadinanzattiva, e Maria Bianca Farina, Presidente dell’ANIA e del Forum ANIA-Consumatori.
Cresce il risparmio degli italiani: Nel 2018 si è ampliato fino a 4.244 miliardi di euro il portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie italiane, in cui emerge il boom continuo del contante, pari a 1.379 miliardi di euro, il 7,5% in più rispetto al 2015. Un valore che è superiore al Pil della Spagna, corrispondente a quello di un Paese che si collocherebbe al quarto posto nella graduatoria delle economie della Ue post-Brexit, dopo Germania, Francia e la stessa Italia. Rispetto al 2008 il contante è aumentato di 201 miliardi di euro, un valore pari al Pil del Portogallo.
Il cash che non smette di aumentare nei portafogli delle famiglie è la terapia contro l’incertezza. Il 64,1% degli italiani accantona soldi. Di questi, il 66,1% per fronteggiare spese impreviste e il 52,3% per sentirsi le spalle coperte. È la fotografia che emerge dalla ricerca “Dal cash cautelativo alla protezione” realizzata dal Censis per il Forum ANIA-Consumatori, fondazione costituita dall’ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) per facilitare e rendere ancor più costruttivo e sistematico il dialogo tra imprese assicuratrici e associazioni dei consumatori. Uno degli obiettivi della fondazione è stimolare la riflessione sul ruolo sociale dell’assicurazione nei nuovi assetti del welfare.
La nuova disuguaglianza tra chi risparmia e chi non ce la fa: Non tutti risparmiano, però. Il 35,9% degli italiani non ci riesce, il 25,2% lo fa fino al 5% del proprio reddito mensile, il 23,6% tra il 6% e il 15%, il 10,5% tra il 15% e il 20%, il 4,9% oltre il 20%. C’è una forte polarizzazione nella capacità di crearsi difese monetarie proprie. Ma anche chi non risparmia deve fronteggiare costi un tempo coperti dal sistema di welfare pubblico. Infatti, le spese private per il welfare pesano sui redditi per l’81,5% delle famiglie e riguardano di più le famiglie che non riescono a risparmiare (85,6%) rispetto a chi invece risparmia (79,2%) o risparmia tanto (76%). Questo è il nuovo volto della disuguaglianza cresciuta dopo la crisi. Nessuno è al riparo dalle spese private per prestazioni di welfare, ma meno si riesce a risparmiare più questo pesa sui budget familiari.
Le spese private per sanità e welfare sono ormai un obbligo: Il 72,7% degli italiani ha dovuto ricorrere all’offerta privata per una prestazione di welfare almeno in una occasione nel corso dell’anno, anche se sulla carta il servizio era disponibile nel sistema pubblico, a titolo gratuito o a costo contenuto (il dato sale al 75,9% nel Sud). Il 42,9% degli italiani afferma che, benché le prestazioni di cui hanno bisogno siano disponibili nel sistema di welfare, nella realtà è difficile accedere nel momento in cui se ne ha effettivamente bisogno. Il 40,7% ritiene che nel pubblico non ci sia tutto ciò di cui ha bisogno e per questo ricorre al privato. Solo il 16,3% sostiene che non c’è bisogno del privato perché il pubblico ha un’offerta adeguata.
Intanto cresce – molto lentamente – il welfare integrativo: Aumenta l’incertezza e aumenta il risparmio, ma gli italiani cercano protezione nel denaro che tengono fermo, piuttosto che negli strumenti del welfare integrativo. Perché i risparmiatori investono poco in tali strumenti? Perché c’è ancora una scarsa conoscenza: solo il 20% degli italiani conosce bene gli strumenti della sanità integrativa, il 23,3% quelli della previdenza complementare e il 15,6% quelli di tutela dalla non autosufficienza. Se il 66,5% dei risparmiatori mostra disponibilità a prendere in considerazione gli strumenti del welfare integrativo, il 53,9% dichiara di voler capire bene cosa ottiene in cambio dell’investimento.
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